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Più del previsto i luoghi dell'universo che possono ospitare la vita

ROMA. I luoghi dell'universo che potrebbero ospitare la vita sono molto più numerosi del previsto e diversi da come si immaginavano finora.

Oggetti cosmici a metà strada fra pianeti e stelle, come le nane brune, potrebbero ad esempio essere popolati da microrganismi negli strati più esterni della loro atmosfera.

Lo indica lo studio coordinato dal planetologo Jack Yates, dell'università britannica di Edimburgo, pubblicato sull'Astrophysical Journal e riportato da Science sul suo sito.

Perchè si formi la vita «non necessariamente bisogna avere un pianeta simile alla Terra», ha detto Yates.

La ricerca infatti espande il concetto di zona abitabile a una vasta popolazione di corpi celesti che finora non erano stati considerati.

Questi strani mondi, dalla massa troppo piccola per innescare le reazioni termonucleari che li farebbero brillare come stelle, hanno atmosfere ricche degli ingredienti che hanno reso possibile la vita sulla Terra: carbonio, idrogeno, azoto e ossigeno.

Nella loro atmosfera, secondo i ricercatori, la vita potrebbe formarsi grazie alle reazioni chimiche che avvengono sulla superficie dei grani di polvere oppure potrebbe essere trasportata dagli asteroidi e trovare un ambiente ospitale dove proliferare.

L'idea parte dalle ricerche dell'astronomo Carl Sagan che negli anni '70 aveva immaginato che gli strati più esterni dell'atmosfera di Giove possano essere popolati di microrganismi, simili a un plancton volante.

Negli anni successivi altri astronomi avevano immaginato lo stesso scenario per l'atmosfera di Venere.

Adesso i ricercatori estendono questa ipotesi alle nane brune. Questi mondi hanno temperature miti e nel 2013 ne è stata scoperta una, chiamata WISE 0855-0714 a soli 7 anni luce di distanza, che sembra avere nuvole di acqua.

Ma avere acqua e gli ingredienti giusti non basta per poter ospitare la vita, secondo lo studio molto dipende anche dalle condizioni atmosferiche: i venti in risalita dovrebbero avere una intensità simile a quella dei venti di Giove e Saturno, per permettere ai microrganismi di non scendere mai in regioni troppo calde dove potrebbero bruciarsi o salire troppo in alto dove potrebbero congelare.

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