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Cassazione: "Dare dell'omosessuale non è un'offesa, una parola come tante"

ROMA. Omosessuale è una parola come tante, indica solo le preferenze sessuali di qualcuno, non è un insulto, e nessuno può sentirsi offeso di essere definito così, nemmeno se ha gusti eterosessuali. È la Cassazione a togliere a questo termine il carico di onta e disonore che per tanti anni lo ha accompagnato, fino ad oggi, nella discriminazione degli uomini che amano gli uomini.

«Nel presente contesto storico» è da escludere che «il termine omosessuale» abbia conservato «un significato intrinsecamente offensivo come, forse, poteva ritenersi in un passato nemmeno tanto remoto», sottolinea la Suprema Corte Cassazione spiegando che questa parola,  diversamente da altri «appellativi» che invece mantengono un carattere «denigratorio», è entrata nell'uso corrente e attiene alle «preferenze sessuali dell'individuo», assumendo di per sè «un carattere neutro» e per questo non è lesiva della reputazione di nessuno, anche se rivolta a un uomo etero.

Con questa motivazione, la Cassazione - con la sentenza 50659 che cancella il pregiudizio semantico dalla parola 'omosessualè - ha annullato senza rinvio la condanna per diffamazione inflitta il 20 marzo del 2015 dal Giudice di pace di Trieste nei confronti di un uomo che la aveva usata in un atto di querela rivolgendosi a un 'avversariò eterosessuale con il quale era in lite per motivi legati alla moglie nell'ambito di una causa non meglio specificata.

L'imputato è un uomo argentino di 70 anni, Carlo Alberto Chichiarelli, noto alle cronache della capitale per vantare un credito di 13 milioni e mezzo di euro - soggetti a interessi e rivalutazione dal 1980 - dal Comune di Roma per l'enorme espropriazione dei terreni di Tor Bella Monaca appartenuti al conte Romolo Vaselli del quale è entrano nell'asse ereditario per via di una 'liaison' sentimentale.

Contro la condanna penale pari a una pena pecuniaria di entità non nota, Chichiarelli ha fatto ricorso direttamente in Cassazione, saltando l'appello e sostenendo che la parola 'omosessualè ha ormai perso «qualsiasi carattere lesivo» nell'evoluzione «del linguaggio comune».

La tesi ha fatto breccia: i supremi giudici, d'accordo, affermano che «è innanzi tutto da escludere che il termine omosessuale abbia conservato nel presente contesto storico un significato intrinsecamente offensivo come, forse, poteva ritenersi in un passato nemmeno tanto remoto».

«A differenza di altri appellativi che veicolano il medesimo concetto con chiaro intento denigratorio secondo i canoni del linguaggio corrente, il termine in questione - prosegue il verdetto - assume un carattere di per sè neutro, limitandosi ad attribuire una qualità personale ed è in tal senso entrato nell'uso comune». Inoltre, gli 'ermellinì escludono che «la mera attribuzione» della «qualità» di 'omosessualè, «attinente alle preferenze sessuali dell'individuo», abbia di per sè «carattere lesivo della reputazione» tenendo conto «dell'evoluzione della percezione della circostanza da parte della collettività».

Per l'ex combattente 'montoneros' - che ha aperto ai senza casa di 'Action' la sua villa ai castelli romani - pena annullata senza rinvio «perchè il fatto non sussiste». È diventata carta straccia la memoria difensiva del suo 'rivalè che insisteva per la conferma della condanna sostenendo che 'omosessualè è una offesa alla «integrità» e alla «dignità personale».

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