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Prima intervista di Trump presidente: unità e protezione dei confini

NEW YORK.  «Dobbiamo unire il Paese». Lo afferma il presidente-eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, commentando le proteste nel paese in seguito alla sua elezione, nella sua prima intervista al Wall Street Journal come neo presidente degli Usa, Trump mette in evidenza come l'unità è importante. «Voglio un Paese unito» e la strada migliore per ottenerlo è quella di creare posti di lavoro.

A chi gli chiedeva se la retorica durante la campagna elettorale si fosse spinta troppo in là.«No, ho vinto», risponde il tycoon e apre a toni diversi, più positivi: «è diverso ora».

Mettere in sicurezza i confini è una priorità delle prime settimane, assicura. Ma da Trump arrivano le prime aperture, dopo i veleni della campagna elettorale: nella sua prima intervista da presidente afferma di voler valutare la richiesta di Barack Obama di non abolire in toto l'Obamacare.

L'Obamacare potrebbe insomma sopravvivere in parte sotto la presidenza di Donald Trump. È lo stesso neo-presidente ad affermarlo, spiegando come Barack Obama gli abbia chiesto di rinunciare alla totale abolizione della riforma sanitaria, e racconta di aver assicurato che valuterà i suggerimenti del presidente uscente.

Si placano i dissidi anche con l'avversaria democratica, Hillary Clinton. Il nuovo presidente sottolinea come "la commissione di inchiesta su Hillary Clinton non sia una priorità".

Lassù al 58/mo piano della Trump Tower, con vista mozzafiato su Central Park e sulle luci di New York, si lavora giorno e notte alla nuova squadra di governo e al piano dei primi 100 giorni della presidenza Trump.

Il tycoon, in attesa di trasferirsi nello Studio Ovale, riunisce i suoi fedelissimi nello studio di casa, dove Mike Pence, Rudy Giuliani e gli uomini del cosiddetto 'transition team' discutono sui programmi e valutano centinaia di curricula circondati da arazzi, specchi, colonne e stucchi dorati. In strada, sulla Fifth Avenue, le proteste non si placano. Ma alla corte stile Luigi XV di Trump, nel 'fortino' della penthouse, le grida non arrivano. Si pensa solo a fare in fretta. E lo stesso neopresidente, che sembra aver ripreso il controllo del suo account Twitter, annuncia a breve «decisioni importanti».

Intanto Pence viene promosso capo del team di transizione al posto di Chris Christie. E vi entrano anche i figli del tycoon Donald, Eric e Ivanka. In 70 giorni, prima dell'Inauguration Day, il lavoro da fare è enorme. Bisogna scegliere lo staff della Casa Bianca, riempire le 15 caselle dell'esecutivo e cominciare a selezionare i nomi per circa mille posizioni di vertice nella nuova amministrazione: dall'intelligence alle tante agenzie ed authority federali, passando per le forze armate.

Sul tavolo anche il delicato dossier Fbi, dopo la bufera causata dalle discusse mosse del numero uno James Comey. C'è poi da stilare l'agenda di governo con i punti che saranno alla base del primo discorso sullo stato dell'Unione di Donald Trump. Discorso che pronuncerà davanti al nuovo Congresso riunito in seduta plenaria tra la fine di gennaio e i primi di febbraio. Ma si comincia a buttare giù anche il discorso che il neo presidente dovrà tenere il giorno del giuramento.

Mentre a latere c'è chi già organizza la cerimonia del 20 gennaio a Washington, quando Trump e la first lady Melania faranno il loro ingresso alla Casa Bianca. Sul fronte delle nomine gli uomini di Trump - si vocifera - sono divisi tra chi vuole ricucire con l'establishment del partito repubblicano e chi invece vuole «la resa dei conti», chiudendo le porte dell'amministrazione a quelli che nel Grand Old Party hanno fatto la guerra al tycoon o non l'hanno sostenuto.

Esiste una 'black list'. E alcuni vorrebbero anche la vendetta sullo speaker della Camera Paul Ryan. Ma non è detto che Trump adotti questa linea. L'impressione è che voglia essere più conciliante. E già nel 'transition team' ha fatto entrare alcuni di quei lobbisti che in campagna elettorale aveva promesso di combattere, e persino due veterani delle amministrazioni Bush, utili per la loro esperienza.

La prima nomina dovrebbe essere quella del 'chief of staff' della Casa Bianca, con gli occhi puntati su Steve Bannon, uno dei massimi responsabili della campagna del tycoon. Tra i nomi caldi delle ultime ore c'è poi quello dell'ex generale Michael Flynn, come consigliere per la sicurezza nazionale o capo del Pentagono, lui che ha comandato il Joint Special Operation Command (quello dei Navy Seal e dei Delta Force) e poi è stato il numero uno dell'intelligence militare.

Per il Tesoro, dopo le voci sul numero uno di Goldman Sachs Jamie Dimon, salgono invece le quotazioni di Jeb Hensarling, presidente della commissione Affari finanziari della Camera, conosciuto per le sue durissime critiche alla riforma di Wall Street, il cui ridimensionamento potrebbe entrare nel piano dei primi 100 giorni.

Di sicuro in questo piano ci sarà la riforma dell'Obamacare, con l'ex candidato Ben Carson in pole per il dipartimento della Sanità. Punto fermo, poi, l'ex sindaco di New York Rudy Giuliani, come ministro della Giustizia o come segretario di Stato. Mentre il ministero degli Interni dovrebbe andare a Michael McCaul, presidente della commissione per la sicurezza nazionale alla Camera. Ci potrebbe essere posto nella squadra di Trump alla Casa Bianca anche per Peter Thiel, fondatore di PayPal, unica star della Silicon Valley che ha sostenuto l'ascesa del tycoon.

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