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La prima volta di Michelle e Hillary insieme sul palco: "Sì, siamo amiche" - Foto

WASHINGTON. Per la prima volta sul palco insieme il tandem Hillary-Michelle e per un accorato appello al voto, adesso che il fronte democratico sembra preoccupato soltanto per l'affluenza. Una mobilitazione che vuole quindi in campo l'asso nella manica che la candidata democratica ha trovato nell'attuale inquilina della Casa Bianca, la sua sostenitrice più efficace, il suo 'sponsor' più accreditato, la voce che lei non ha e non può avere e che oggi scandisce: «per chi se lo stia chiedendo, sì, Hillary è mia amica».

Così l'attesa e inedita coppia è entrata in azione a Winston-Salem in North Carolina, uno degli stati cruciali per la conquista della presidenza. Hillary ha elencato, una ad una, quello che c’è in gioco in queste elezioni, i valori -ha detto - cui Michelle Obama ricorda di rimanere fedeli. «La dignità e il rispetto per le donne e per le ragazze» ha detto, «il progresso segnato dalla presidenza Obama».

Per questo, ha rimarcato, c'è bisogno della voce di Michelle Obama più che mai in queste elezioni». Una voce che è riecheggiata forte e chiara, nel riconoscere il percorso e l'esperienza di Hillary: «ha più esperienza di chiunque altro, di Barack, di Bill, e sì, è pure donna».

Come nell'esortare ad recarsi alle urne, puntando inoltre il dito contro Trump nell'affermare che si evocano elezioni truccate perchè la gente stia a casa. Due storie simili ma distanti anni luce quelle di Hillary e Michelle: Clinton è la first lady che ruppe le regole, che nel ruolo tradizionale ci stava stretta e si vedeva. Che aveva ambizioni sue e che -si sospetta- per via di queste fece scelte che l'opinione pubblica gli fa pagare ancora oggi.

La moglie di Barack Obama è invece colei che sfidando le aspettative contrarie è riuscita ad incarnare il ruolo rispettandone i tratti tradizionali ma con al contempo un grintoso slancio innovativo, combinazione questa particolarmente apprezzata visti i rating di gradimento. E la grinta di Michelle Obama si è rivelata così un toccasana per la campagna di Hillary Clinton, dall'intervento alla convention di Filadelfia fino alla condanna forte e diretta per il comportamento di Trump verso le donne, con cui ha saputo toccare corde che Hillary non riesce a raggiungere frenata dal suo passato e dagli scandali di epoca 'clintoniana’.

È con l'aiuto di Michelle quindi che la candidata democratica ha potuto mettere il sigillo a questa corsa e può sperare di rompere il più alto 'soffitto di cristallò, quello che ha finora impedito a una donna di diventare presidente. Mentre al dopo voto pensa anche il fronte opposto, percorso però da timori, tra chi sconfessa le previsioni dei sondaggi fino a chi paventa scenari da nuova «guerra rivoluzionaria» nel caso di vittoria di Hillary.

Jared Halbrook, 25enne del Wisconsin, tra i 50 sostenitori di Trump intervistati dal New York Times in sette stati diversi, ritiene che una vittoria di Hillary Clinton possa portare a «un'altra guerra rivoluzionaria» affermando che la gente sarebbe pronta a scendere in piazza. Roger Pillath appartiene ad un'altra generazione, ha 75 anni, ma con analoghe preoccupazioni: «Non è ciò che farò io, ma temo che il Paese sarà in preda alla violenza. Non ho mai visto il Paese così diviso».

Chi invece è intervenuto come a gettare acqua sul fuoco è stato il presidente russo Vladmir Putin, respingendo le accuse di voler influenzare le lezioni americane e affermando: «Gli Usa sono un grande paese, non una repubblica delle banane». Ha smentito poi anche di fare il tifo per Trump, pur riconscendone meriti: «Certamente si sta comportando in maniera stravagante, ma non insensata: Trump rappresenta gli interessi delle persone comuni, che criticano coloro che da decenni sono al potere«. Sulle accuse dello zampino di Mosca circa gli hackeraggi, Putin ha parlato invece di ”isteria”, ma la Casa Bianca insiste e a stretto giro risponde: «rimaniamo fermi sulle nostre posizioni».

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