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La resa dei conti nel Pd, Renzi: "Cambiamo l'Italicum dopo il referendum, basta alibi"

ROMA. Offrendo sull'altare dell'unità del partito modifiche sostanziali all'Italicum, Matteo Renzi prova in direzione a stanare la minoranza, a togliere tutti gli "alibi" di quella che considera un'opposizione strumentale al referendum.

Amareggiato ma non stupito dalla chiusura di Gianni Cuperlo e Roberto Speranza, il premier non ha intenzione di fare altre concessioni: l'Italicum si può cambiare solo dopo il referendum, che deciderà scenari e pesi di forza. Ed il leader Pd è convinto di vincere anche senza la sinistra perchè gli elettori dem capiranno il "gioco allo sfascio della vecchia guardia" e voteranno sì alla riforma.

Ballottaggio, meccanismo di elezione dei parlamentari, premio di maggioranza più l'adozione della proposta Chiti-Fornaro sulla scelta dei futuri senatori: a parole, il premier è pronto a mettere in discussione i pilastri della legge elettorale, approvata anche a costo di mettere il voto di fiducia.

Il modello, a quanto si apprende, potrebbe essere un ritorno all'Italicum 1.0, la prima versione che aveva il premio alla coalizione ed il divieto di multi-candidature. Ma sulla tempistica, subito dopo il referendum, non è disposto a fare deroghe alla minoranza e, spiegano i renziani, "non potrebbe fare diversamente" visto che Fi e M5S non hanno intenzione di discuterne adesso.

Concentrare il dibattito dei prossimi due mesi su una nuova legge elettorale indebolirebbe, è la convinzione del premier, la campagna referendaria mettendo in ombra gli aspetti positivi di una riforma che "la sinistra aspetta da 30 anni".

Tutte le energie del premier e di tutti i ministri saranno concentrate a spiegare la riforma e convincere elettori anche di centro-destra e grillini. "Se facciamo ora la proposta sull'Italicum, il dibattito piegherebbe su tecnicismi in politichese che farebbero fuggire la gente dalle urne", spiegano i fedelissimi. Renzi sperava in una mediazione tra la disponibilità a modifiche ed i tempi che, però, in direzione non è arrivata.

La minoranza, a quanto si apprende, non salirà sull'Aventino, farà entrare un suo esponente nella delegazione che sonderà i desiderata dei vari partiti. "Se il comitato fa un miracolo prima del referendum ottimo ma i miracoli non esistono e quindi resteremo sul no", spiegano i bersaniani dopo che, a quanto si apprende, l'ex segretario Pd ha deciso di trarre il dado e non sostenere la riforma.

In realtà la frattura è molto più profonda e Gianni Cuperlo nel suo intervento adombra la scissione, che invece Pier Luigi Bersani esclude nel modo più categorico. "Stiamo insieme - sostiene Cuperlo - solo per ricostruire il centrosinistra di governo, dopo ci divideremo, se necessario, per attrezzare un'alternativa a una stagione che per me va superata sul terreno della politica".

Anche per decidere il futuro del Pd, il referendum diventa uno spartiacque. E al dopo il 4 dicembre, Renzi guarda: se gli italiani daranno la fiducia alla riforma, il premier avrà una nuova forza sia dentro il Pd sia con gli altri partiti. L'Italicum, ne è ormai convinto, va rivisto comunque anche alla luce delle decisioni della Consulta. Ma come e in che tempi, se all'inizio del 2017 o alla fine, a ridosso delle elezioni politiche, sarà lui a deciderlo.

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