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Corleone, i boss e la colletta per aiutare il nipote di Provenzano

CARMELO GARIFFO

PALERMO. La mafia al tempo della crisi soffre come gli altri. Il nipote di Bernardo Provenzano, Carmelo Gariffo – finito ieri in manette nell’operazione Grande Passo 4, dopo essere stato scarcerato nel 2014 – era quasi indigente, come emerge dalle indagini della Procura di Palermo. Il suo compare Antonino Di Marco, come risulta dalle intercettazioni eseguite dai carabinieri, cercava di convincere gli altri uomini di Cosa nostra e fiancheggiatori vari ad aiutare economicamente Gariffo: una specie di coletta per il nipote del boss in difficoltà.

“Ho domandato per dirti la verità – dice Di Marco a Francesco Paolo Scianni, un altro degli indagati –. Ho domandato a due eh! Il problema non si è potuto risolvere perché ognuno, non per cosa, perché sempre ti ripeto, se lui non fosse venuto qua io me ne sarei fottuto completamente, ma siccome è venuto, mi ha detto dice chiedo una cortesia.  Gli ho detto, figlio mio io ti sto dicendo come sono combinato se è dopo giorno trenta io una mano di aiuto te la posso dare, ma in questo minuto non ho come fare”. “Minchia nessuno c’è?”, chiede Scianni.

“Nessuno c’è – risponde Di Marco – Per dirti al verità mi sono mosso un po’ e sono  andato da una parte e quel picciotto mi ha detto: ‘Nino in questo minuto credimi dice ho tanto di quei problemi, tanto di quelle cose, dice che io dice pure dice a togliermi cento euro di tasca non lo posso fare”. Pure Di Marco non poteva fare nulla. “A me mi servono in questo minuto – racconta – per le medicine per mia moglie, non mi posso muovere”.

Pur di trovare un po’ di soldi, Gariffo era disposto a lavorare in una delle ditte a cui volevano estorcere il pizzo, ma il titolare non cedeva perché il cantiere sarebbe stato chiuso.

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