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Cinque Stelle, Grillo a Palermo inaugura la seconda fase: andiamo avanti più coesi di prima

PALERMO. Il nuovo M5s 2.0, quello che aprirà "la fase due", la nuova era del Movimento che avanza a passo di gambero, vede il suo futuro in un ritorno alle origini. Con Beppe Grillo che si riprende in mano lo scettro pentastellato ma vuole porte aperte al nuovo che avanza.

"Se devo fare il capo politico lo farò. Io ci sono a tempo pieno. Non posso più con il passo di lato. Io voglio stare con il Movimento fino alle elezioni e vincerle", annuncia Beppe Grillo confermando le impressioni che lo vedevano tornato alla guida del Movimento. Ammette anche "gli sbagli che abbiamo fatto" Beppe Grillo, ma è certo che in definitiva gli italiani delle beghe interne del M5s "se ne strabattono".

E i numeri lo dimostrano: quando ha temuto che potesse venire giù il castello costruito con pazienza per anni a causa dei litigi, poi si è rasserenato: "Ho visto che siamo calati dello 0,1%-0,2%". Ma per andare avanti qualcun altro dovrà fare un passo indietro. Non nomina il direttorio ma apre spazi a chi sarà in grado di servire la causa del Movimento. E alle nuove generazioni.

"Siamo davanti alla prima fase di un grande esperimento, ci sarà una seconda fase e la inaugureremo stasera" dice il leader che spiega: "Fase 2 vuol dire che parlo di una seconda generazione, parlo dei giovani che si avvicinano adesso e devono capire cosa è il Movimento, perché non lo hanno vissuto".

Non nega rivalità nel Direttorio: "Forse sì, ma è normale, del resto la tv è immagine, c'è quello che funziona di più o quello che funziona meno". Tanto più che i parlamentari li ho visti "un po' stanchi" come quando lui, "stanchino" provò a fare il passo di lato. "Ma è normale", aggiunge. Non annuncia ancora nulla sulla cessione del simbolo, che ora resta saldo nelle sue mani.

Ma, a sorpresa, "la settimana prossima uscirà un regolamento". Non solo: in "tv andrà solo chi dovrà parlare di un tema, del nostro programma. Si va in tv sulla base dei programmi". Così come sul palco di Palermo dove i componenti del direttorio si sono alternati agli altri portavoce intervenendo sui temi di loro competenza. La fine nei fatti del direttorio la certifica anche Roberto Fico: "Il direttorio non è un organo politico del Movimento. Non esiste il direttorio, esistono persone che decidono per le loro competenze, esistono funzioni".

E insiste nella sua 'crociata' purista. "Dobbiamo restare ancorati a ciò che siamo. Dobbiamo rimanere fedeli a noi stessi". Il Movimento, ripete, " è partecipazione e condivisione" e "noi andiamo avanti su questa strada". E quindi "non esistono Vip o Big. Non esiste Fico o Di Maio, esistono persone che partecipano". Facile a dirsi. A Palermo esiste Alessandro Di Battista che arriva trionfante sulla sua moto che lo ha portato a spopolare le piazze in giro per l'Italia con la sua campagna per il No alla riforma costituzionale. Guadagnandosi i galloni sul campo. E la stima, l'amore e i selfie degli attivisti.

L'ANALISI. Beppe Grillo si riprende il Movimento in tre mosse, e con il più 'democristiano' dei metodi, quello del 'bastone e della carota', prova ad azzerare le tensioni che, da Roma, avevano investito i vertici del Movimento, a partire dal Direttorio. Quello di Beppe, tuttavia, è un 'blitz salva tutti' solo nella forma: il leader riprende tutti i poteri e impone un principio 'antico' per il Movimento, quello della orizzontalità.

Un principio che, di fatto, depotenzia di ogni autorità il Direttorio ma lascia allo stesso tempo invariata la sua piramide. Una piramide che al vertice vede Luigi Di Maio. In Sicilia, laddove il M5S partì e oggi si presenta con l'ambizione di governare l'Italia si chiude insomma un cerchio. E non sarà un caso che, parlando con i cronisti con una seriosità quasi 'eccezionale' per lui, Grillo definisca i 'suoi' parlamentari "un po' stanchi, un po' logorati". Una frase che quasi rimanda al celebre video in cui il co-fondatore e garante del Movimento, nel novembre del 2014, si definiva "un po' stanchino" e lanciava i 5 del Direttorio.

A meno di due anni di distanza, e con il "vuoto enorme" lasciato dalla morte di Gianroberto Casaleggio, Grillo si vede costretto, quasi come un 'pater familias', a riprendere le redini di un M5S che, con le sue correnti e le sue gelosie, rischia di fare la stessa fine del suo nemico di sempre: i partiti. Da qui l'orizzontalità imposta dal Foro Italico di Palermo.

Da qui una diversa spartizione di mansioni e funzioni: si guardi ai temi e non più ai personaggi, sebbene sia innegabile che le due superstar Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista reggano meglio di altri le telecamere. Ed è qui che la 'carota' del comico genovese si trasforma in bastone: e i destinatari sono quei membri del Direttorio - da Roberto Fico a Carla Ruocco - che, assieme a 'big' come Roberta Lombardi, sono partiti all'attacco di Virginia Raggi e non solo, nei giorni scorsi.

"Un errore, perché non si parla così del Movimento", si osserva negli ambienti pentastellati nei minuti successivi al blitz di Grillo alla kermesse palermitana. Orizzontalità, applicata anche sul palco dove gli interventi soni divisi per temi, ma con dei distinguo: nel Movimento ognuno ha un ruolo, ognuno lavora per la 'comunità' ma il palcoscenico resta di Di Maio e del 'Dibba'.

Con il primo che resta nell'ombra per tutta la giornata e il secondo vera star di questo sabato pentastellato, tallonato solo da Chiara Appendino arrivata tra selfie e strette di mano dei militanti senza la sua gemella romana Virginia Raggi. E gli altri? A parlare nei gazebo, a lavorare all'organizzazione della kermesse, ad illustrare la piattaforma Rousseau.

"Nel Movimento ci vuole metodo, c'è chi va in tv e si sa poi che accade...ma poi coi cittadini chi ci sta?", pungola un pentastellato disegnando il malumore che da tempo attornia gli 'ortodossi'. A tarda sera, però, la scaletta 'esce allo scoperto': a chiudere sono proprio 'il Dibba' e Di Maio. Orizzontalità e nessun rovesciamento delle gerarchie: il Movimento cerca così di uscire dal fango romano. Con l'unica mano 'pesante' rimasta dopo la morte di Casaleggio: quella di Grillo.

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