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Natalie Portman: forte e vulnerabile, così la mia Jackie cambiò la storia - Foto

VENEZIA. Essere Jacqueline Kennedy, personaggio icona della seconda metà del Novecento su cui sono stati scritti decine di libri e girati vari film, non è una passeggiata, neppure se ad interpretarla al cinema, per il regista cileno Pablo Larrain, è Natalie Portman.

L'attrice israeliana naturalizzata statunitense, premio Oscar nel 2011 per The Black Swan, sul set dall'età di 13 anni (Leon), racconta:

«Ero terrorizzata, diciamo che era una pazzia, ma l'idea di essere diretta da un regista speciale come Pablo che sapevo non avrebbe fatto un biopic classico mi ha convinta».

Minuta, un filo di voce, aria dolce, la Portman si trasforma in Jackie, provando a restituire tutta la complessità della donna che il fotogramma di Dallas - omicidio del presidente JfK, 22 novembre 1963 - con il tailleur rosa Chanel insanguinato ha per sempre consegnato alla storia.

«Preparando il personaggio, ascoltando i nastri con la sua voce, leggendo le conversazioni tra lei e lo storico Arthur Schlesinger che sono uscite con allegati i cd con le registrazioni audio ho capito tutta l'importanza di Jacqueline, quanto sia stata fondamentale e riconsiderata la sua 'umanità'».

Come personaggio pubblico era in un modo, nel privato un altro.

Immaginare cosa è stato vivere l'assassinio del marito, gestire l'immediatamente dopo mentre il giorno prima aveva come problema la scelta della carta da parati in una sala della Casa Bianca è un viaggio incredibile: forte e vulnerabile, fragile e determinata, fredda e timida.

La immaginiamo come icona di stile e lo era, "ma è stata apripista di molto altro. Michelle Obama una sua erede? Si è detto ma ogni presidente è diverso e forse tra poco festeggeremo Hillary Clinton, primo presidente americano donna e mi piace pensare che un cammino per l'emancipazione sia partito con lei. I tempi cambiano, sarebbe ora e credo che anche il cinema, occupandosi di figure femminili in questo modo, stia facendo la sua parte".

Nessun contatto con la famiglia Kennedy, sottolinea Natalie Portman, "ma tanto rispetto. Ho cercato di rifare la sua stessa voce e il suo stesso portamento regale ma come imitatrice non mi sono mai vista", fa notare la Portman che si è preparata cercando più materiale fotografico possibile della Bouvier.

Non ha mai interpretato un personaggio realmente vissuto e questo "mi spaventava e affascinava: rendere il suo dolore, la sua bellezza, il suo stile, il suo mistero è andato altre la sua biografia".

La Portman, qui a Venezia anche per Planetarium di Rebezza Zlotwski, fuori concorso ("questo festival mi ha adottato, sono molto grata"), con il ritratto di Jackie punta direttamente al secondo Oscar - il film in sala esce a gennaio - nel frattempo ha finito il film di Terrence Malick con Michael Fassbender, Weightless e comincerà presto The Death and Life of John F. Donovan di Xavier Dolan. E la regia? "Ci sto lavorando, mi piace molto, è un'esperienza creativa incredibile", dice Natalie Portman ma forse prima arriverà, stando alle foto che rimbalzano dal red carpet della Mostra del cinema, una nuova maternità.

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