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Scampata al terremoto dell'Aquila, fugge ad Amatrice: salva per la seconda volta

Fonte Ansa

L'AQUILA. Si è salvata per miracolo per la seconda volta Roberta Di Fabio, giovane aquilana con una mamma di Amatrice (Rieti): la prima, alle 3,32 del 6 aprile del 2009, quando un tragico terremoto distrusse L'Aquila e un territorio intero, provocando 309 vittime; la seconda, questa mattina alle 3,36, ad Amatrice, luogo di strette parentele e amicizie di una vita, dove era arrivata, dopo quattro anni di assenza, ieri sera.

In uno dei paesi simbolo del terremoto che ha distrutto il centro Italia, un centro al confine dell'Abruzzo raso al suolo dalla violenza del devastante sisma che ha causato per ora decine e decine di vittime, Roberta è uscita viva da una casa di quel centro storico andato, praticamente totalmente distrutto.

«Ho rimesso piede dopo quattro anni nella casa di famiglia ad Amatrice proprio dietro al Museo Civico - racconta Roberta con la voce molto addolorata -. Sono arrivata ieri pomeriggio, in un giorno come tanti dell'estate di Amatrice, pieno di gente e in un clima di festa continua, c'erano anche le celebrazioni per i 50 anni della squadra di calcio locale».

«Sono andata a casa con il mio nipotino di 13 anni - prosegue la giovane - e poi, di colpo, la scossa. In piena notte. Il vicolo in cui si trova la casa è andato totalmente distrutto, sono rimaste in piedi soltanto due case: quella di mia mamma e un'altra. Credo che questo sia un miracolo, non riesco a definirlo diversamente».

«Io e mio nipote siamo usciti di casa con difficoltà - racconta ancora Roberta - tanto che sono stata costretta a rompere il vetro della porta con dei foratini, finendo per ferirmi. Fuori casa abbiamo trovato un disastro di polvere e macerie, siamo andati versi l'ospedale io in canotta e lui a torso nudo, temevo che gli potesse ancora accadere qualcosa di brutto».

Poi, il crollo dell'ospedale, dove erano arrivati da pochissimo tempo. «Abbiamo cominciato a correre - spiega con ancora in gola l'emozione di quei momenti - fino ad arrivare a un bivio lontano dal crollo. Mio nipote è stato portato via da mio padre, io invece sono rimasta ad Amatrice. Ho scavato a mani nude fino all'arrivo dei primi soccorsi, dopo qualche ora. Ed ho anche estratto delle persone da sotto le macerie». «Purtroppo - conclude - ho perso dei parenti arrivati ad Amatrice ieri sera da un'altra regione. E ho perduto la mia Amatrice, dopo aver vissuto il dramma della mia L'Aquila».

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