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Arrivano anche in Italia i Gelada, le scimmie delle rocce

VERONA. Anche in Italia sono sbarcati i Gelada, le scimmie delle rocce che vivono sugli altipiani dell'Etiopia centrale, tra i 1.800 e i 4.400 metri di quota.

Dominick e i suoi 5 figli maschi sono partiti dallo zoo tedesco di Rheine la settimana scorsa e dopo un viaggio di mille chilometri, sono approdati sulla «prateria degli altipiani» del safari africano al Parco Natura Viva di Bussolengo, unico parco zoologico ad ospitarli in Italia. «Scimmie dal cuore sanguinante» per le popolazioni etiopi, inconfondibili grazie ad una delle loro unicità: la macchia rossa e glabra che hanno al centro del petto, utile per indicare lo stato sociale e riproduttivo degli individui.

"I Gelada sono l'ultima specie di primate erbivoro brucatore, un tempo molto diffuso in Africa» - rileva Caterina Spiezio, responsabile Ricerca e Conservazione del Parco Natura Viva -. Anche qui, dopo qualche giorno di acclimatamento, i sei hanno preso possesso delle rocce che abbiamo predisposto per loro e li si può ammirare seduti sulle zampe posteriori mentre strappano l'erba, di cui consumano parte verde, semi o rizomi a seconda della stagione. Hanno una tale abilità manipolativa da riuscire a separare ciascun filo d'erba ed essere in grado di scegliere quello preferito". È Dominick, il padre quindicenne, ad avere una lunga chioma bruna su tutto il corpo e la macchia sul petto di un rosso più acceso, mentre quella dei suoi giovani cinque figli mostra ancora un rosa sbiadito su una pelliccia più corta e più chiara.

"Un gruppo di soli maschi come quello di Dominick può ritrovarsi anche in natura - spiega Caterina Spiezio -. Infatti i giovani maschi, raggiunta la maturità sessuale, si uniscono per formare un gruppo sociale costituito da una gerarchia ben definita, dove il dominante riceve supporto e attenzione dai maschi di rango più basso".

Dimezzati rispetto all'ultimo rilievo aereo degli anni '70, i Gelada sono in declino soprattutto a causa dell'espansione agricola sugli altopiani etiopi, che li spinge in aree sempre più ristrette e impervie.

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