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David Gilmour, l'ex Pink Floyd incanta Pompei 45 anni dopo

POMPEI. Fin dall'inizio del concerto di David Gilmour nell'Anfiteatro di Pompei, la sua chitarra ha lanciato note che hanno fatto vibrare le pietre millenarie restituite ai nostri giorni dagli scavi che avviarono i Borboni.

L'arena che fino a un mese fa aveva ospitato i calchi delle vittime dell'eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, ha riconosciuto come proprio il tuonare delle percussioni, e l'arpeggio di sei note mitologiche dell'ex Pink Floyd, nel fumo e nei lampi di luce così simili ai suoni dell'epico dramma antico.

Ecco perchè a Pompei la musica della rockstar inglese ha maggior presa.

Ripercorre i momenti terrificanti e lo fa senza risparmiare emozioni a circa 3mila fan che hanno atteso questa storica esibizione.

Nel cielo terso della città patrimonio dell'umanità, si staglia una luna timida. È il primo spicchio della regina della notte che ha voluto esserci in questa grande serata a Pompei. Le braccia tutte ad applaudire in alto per l'avvio del concerto, alle ore 9 in punto. La scaletta rispettata fino al terzo brano: 5 A.M., poi Rattle that Lock con le suggestive immagini di un angelo caduto e, terzo, Faces of Stone.

I Fan attendevano Wish you were here, ma il programma è cambiato e, dopo What do you Want from me e The Blue, nel grande schermo alle spalle del palco, un enorme telo rotondo sono scivolate immagini di gigantesche onde... Musica e voci per Great gig in the sky. E poi lui, al microfono per ringraziare ancora, esibirsi in A boat Lies Waiting, prima di infiammare la folla con l'atteso Pink Floyd sound scritto insieme con Roger Waters e dedicato a Syd Barrett.

Finalmente, poi, Wish you were here.

Nell'arena una pioggia di luci dai cellulari ha costantemente accompagnato l'esibizione del «David pompeiano». E tra la folla gli ex bambini di Pompei che hanno raccontato con voce tremante di emozione quei loro 15 anni, quando, per un filone a scuola, scoprirono che negli scavi c'era una troupe ed era quella dei Pink Floyd. Era il 1971, si stava girando 'Live at Pompei', del regista Adrian Maben. C'è anche lui stasera e, prima che tutta la storia si ripetesse, prima che il concerto venisse annunciato, ha chiamato quegli ex «capelloni», i beat di Pompei, già fan del rock inglese, ragazzi incompresi che hanno seguito sbirciando da dietro ai muri, per quattro giorni e una notte, le riprese tra le deserte mura della Pompei antica.

'Ci sorpresero, ma non ci mandarono via - raccontano Alfredo Contaldo e Antonio Malafrone - Chi immaginava, 45 anni fa, che oggi avremmo rivissuto questa grande esperienza. Siamo senza parole'.

Poi s'incamminano verso l'arena ingoiando la commozione mentre attraversano il tunnel dell'ingresso all'Anfiteatro in un notturno che mozza il fiato, agita gli animi e fa scoppiare i cuori.

Enormi bracieri hanno infine coronato la sommità dell'Anfiteatro. La suggestione non finisce mai. Non finisce questa notte. E domani David Gilmour sarà di nuovo sul palco dell'antica Pompei, per la seconda serata. C'è un pubblico non sazio che tornerà ad applaudirlo, per bere fino all'ultima goccia la poesia rock che non ha tempo e non ha confini.

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