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Renzi risponde sui social: con riforma del Senato tagliati 100 milioni l'anno. Se perdo, vado a casa

BRUXELLES. «Se perdo vado via, come accade in tutta Europa. Non divento un pollo di batteria che fa finta di niente, come loro». Matteo Renzi conferma di volersi giocare tutto, governo e futuro politico, al referendum costituzionale di ottobre. Prima a Bruxelles, poi sulla sua e-news, non cede di un millimetro annunciando una «gigantesca campagna di informazione», «10 mila comitati liberi entro settembre» per promuovere un «tam-tam», «un porta a porta» per convincere tutti gli italiani della validità della sua riforma per il futuro dell'Italia «tornata in Europa non più come imputata o esaminanda», ma come un Paese che dice la sua «senza prendere lezioni da nessuno».

E a Massimo D'Alema, che gli chiede di lasciare la segreteria Pd, replica: «in Europa chi è il leader del partito di maggioranza è anche il primo ministro. E sarà così anche da noi». Ma anche questo, nella 'guerrà non dichiarata tra i due, non basta. E nella 'notte social', Renzi rilancia: «Ieri (martedì, ndr) il presidente D'Alema a Ballarò ha detto cose incredibilmente non veritiere», ma «prima o poi racconteremo la verità», avverte. Non prima di accusare un gap di impegno tra gli attacchi a lui rivolti dalla vecchia guardia dem e lo scarso interesse mostrato a suo dire sulla mancata legge a firma Pd sul conflitto di interesse.

«Se perdo il referendum vado via - è il mantra -: è una cosa normale e logica. Solo da noi - osserva dopo il summit europeo - chi perde resta e continua a fare carriera politica per 50 anni. Il premier, però, ammette che è una partita a «rischio», a maggior ragione dopo il trauma della Brexit. Si rende conto che esiste il pericolo che la furia populista, già vittoriosa nel Regno Unito, si possa saldare con il dissenso che viene anche all'interno della sinistra. «In molti - osserva Renzi - hanno collegato il referendum britannico a quello italiano di ottobre. E tanti amici mi hanno scritto, preoccupati: 'Matteo, attenzione. Il referendum è un rischio!' Ehi, ragazzi, non scherziamo! Certo che è un rischio. Ma chi ha paura dei rischi non può fare politica».  Rischi che Renzi si prende. Anche e soprattutto con chi lo accusa di una estrema personalizzazione del referendum di ottobre (che, assicura, non registrerà slittamenti).

«No», scandisce in serata a #Matteorisponde, non c'è stato alcun errore sull'impostazione della campagna per il referendum. «Pensiamo sia cruciale che sulla riforma della Costituzione i cittadini possano dire la loro ed è evidente che in politica quando uno perde deve prenderne atto. Un politico serio non ha paura di giocare il suo coraggio e rischiare. È la differenza tra uno come me e gli altri che se ne stanno rannicchiati per la paura». Il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi è che la linea di Renzi non è assimilabile a quella di Cameron. Brexit non fa rima con Renxit. «Basta vedere al Parlamento europeo che i M5s stanno con Farage e Salvini sta con Le Pen. Auguri!«, osserva orgoglioso.

Al di là della propaganda, i due referendum, spiegano a Palazzo Chigi, trattano materie totalmente diverse. Inoltre, a differenza di Cameron, non è Renzi che ha voluto il referendum. La consultazione di ottobre è prevista dall'art.138 della Carta, ed è difficile, ragiona il premier, per i paladini della lotta alla casta votare contro una riforma che punta a »ridurre le poltrone e i costi della politica».

Anzi, proprio chi vota no, «vuole salvare il posto», «ed è preoccupato dalla fine dei giochi di palazzo», quindi evita di parlare del contenuto della riforma. «Nei rari momenti in cui i contrari al referendum stanno in tv - commenta sarcastico - non parlano del merito delle riforme, ma di me. Io vorrei che si discutesse del merito. Pare che il 60% degli italiani non conosca su cosa si vota. Tocca informarli. Spiegate a tutti i vostri amici - è l'appello lanciato sulla e-news - di cosa si parla quando si parla di referendum. Raccontate la verità sul referendum. Perchè la verità è fondamentale. Basta dire la verità e vinceremo questo referendum: la verità - conclude - è più forte delle bugie, sempre».

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