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Istanbul, lacrimogeni e cariche al corteo del gay pride: 19 fermi

ISTANBUL. Almeno 19 manifestanti fermati, 2 deputati tedeschi trattenuti dalla polizia turca, il centro di Istanbul trasformato ancora una volta in campo di battaglia: per il secondo anno consecutivo il Gay Pride nella metropoli sul Bosforo era stato vietato, e per il secondo anno consecutivo gli agenti hanno caricato con gas lacrimogeni e proiettili di plastica gli attivisti «Lgbti», riunitisi comunque in piccoli gruppi nei pressi di piazza Taksim.

Un pomeriggio di grande tensione, quello di ieri, cominciato presto con lo schieramento di centinaia di poliziotti e mezzi antisommossa a circondare la zona. Le autorità avevano stabilito un divieto assoluto per «motivi di sicurezza e ordine pubblico» di tutti gli eventi previsti dalla settimana dell'orgoglio di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuati (Lgbti) in Turchia.

Così gli organizzatori della marcia, giunta alla 14/a edizione, avevano annunciato forme alternative di protesta, con piccoli sit-in agli angoli delle strade. Quando un gruppo ha srotolato una bandiera arcobaleno e tentato di leggere un comunicato da un balcone, la polizia ha iniziato a sparare i lacrimogeni, nel fuggi fuggi di turisti e passanti su viale Istiklal, la grande arteria pedonale dello shopping nel centro di Istanbul. Dopo, altre cariche nelle vie laterali, dove si erano riuniti diversi altri manifestanti. Tra i fermati, ci sarebbero alcuni stranieri.

La polizia ha trattenuto anche due politici tedeschi dei Verdi, presenti al corteo con una delegazione internazionale: il deputato Volker Beck, portavoce sui Diritti Umani del Bundestag e da tempo impegnato a sostegno della comunità lgbti, e la giovane eurodeputata Terry Reintke. Entrambi sono stati rilasciati poco dopo. «La polizia mi ha tolto il passaporto e spinto via», ha denunciato lo stesso Beck, che voleva fare una dichiarazione a margine del corteo. Dopo circa tre ore di fermo è stato rilasciato anche Mariano Giustino di Radio Radicale.

A lungo punto di riferimento della comunità Lgbti di tutto il Medio Oriente, in passato il Pride di Istanbul era riuscito a far sfilare pacificamente decine di migliaia di persone. Nel 2015, poco dopo il voto in cui il partito di ispirazione islamica Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan perse la maggioranza assoluta, poi riacquistata a novembre, era invece arrivato il divieto. Per motivarlo, le autorità avevano evocato anche la coincidenza - ripropostasi quest'anno - con il mese sacro islamico del Ramadan, che però non aveva impedito un regolare svolgimento nel 2014. Prima del divieto, sancito dal governatore locale, il corteo era stato minacciato da gruppi nazionalisti turchi, che avevano promesso aggressioni se non fosse stato impedito dalle autorità.

Una settimana fa, la polizia aveva già disperso con la forza il Trans Pride, anch'esso vietato. Due giorni prima, l'antiterrorismo turca aveva arrestato 3 sospetti jihadisti dell'Isis, tra cui 2 foreign fighters ceceni, accusati di preparare un attentato «in grande stile» proprio contro la marcia dell'orgoglio trans.

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