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Dopo le Comunali, primi segnali dei centristi: al Senato votano con Fi

ROMA. Arriva come prevedibile da un centro in tempesta la prima 'scossa' post-Comunali al governo. E arriva al Senato, terra di numeri risicati e di maggioranze composite. 'Casus belli' è un emendamento FI al ddl terrorismo sul quale governo e maggioranza danno parere contrario: ma, complice il voto di Ala con l'opposizione, la spaccatura di Ap e alcune assenze nel Pd, l'esecutivo va sotto. «Nessun messaggio politico», si affrettano a spiegare centristi e verdiniani.

Ma l'episodio è lo specchio innegabile delle forti tensioni in Ap e delle fibrillazioni di Ala in un contesto dove nei confronti del premier Matteo Renzi sale il pressing degli alleati centristi - e anche del Pd - per una modifica dell'Italicum. L'emendamento FI che aumenta le pene per atti di terrorismo nucleare viene quindi approvato con 102 sì, 92 no e 4 astenuti. Quindici su 31 i senatori Ap assenti mentre in 9 votano contro il governo. E contro il governo vota anche Ala. «Una scelta basata su aspetti tecnici» sottolinea Ciro Falanga replicando all'azzurro Renato Brunetta che parla di «primo pizzino di Verdini». Nulla di premeditato, insistono in Ala osservando tuttavia come quanto accaduto mostri che il gruppo, complice anche una manciata di assenze in Aula, sia indispensabile.

Diverse le dinamiche in Ap. Si fa via via più larga la spaccatura tra chi, stanco di quello che viene percepito come «ruolo residuale», vorrebbe uscire dal governo (in direzione centrodestra) ben prima del referendum e chi invece assicura lealtà a Renzi fino ad ottobre. La settimana prossima una riunione dei senatori con Alfano farà il punto e il rischio di una resa dei conti è altissimo. Su un tema, tuttavia, tutti i centristi concordano: l'Italicum va modificato prevedendo, innanzitutto, che il premio di maggioranza vada alla coalizione e non alla lista. E l'obiettivo di arrivare al premio di coalizione - conditio sine qua non per un'alleanza con Renzi che non si riduca ad una 'corsà al listone - sfiora un pò tutti i partiti, da Fi a Sc, che con Enrico Zanetti sottolinea: «Modificando la legge elettorale, si toglierebbero alibi al No al referendum di una parte di elettorato moderato».

Il punto è quello dell'opportunità politica di un dietrofront di tale portata. Anche per questo nel Pd finora c'era stata sempre una ferrea chiusura. Ma, nei giorni del Post-Comunali arrivano anche tra i Dem le prime aperture. «Va fatta una riflessione. Noi abbiamo pensato l'Italicum in un momento diverso. Credo che Renzi farà una riflessione seria», sottolinea Emanuele Fiano, capogruppo Dem in commissioni Affari Costituzionali. E se la minoranza riunita ieri al Nazareno ribadisce che l'Italicum va cambiato la tentazione di una modifica della legge elettorale - sulla quale pende, ad ottobre, il giudizio della Consulta - si fa spazio anche nella maggioranza interna che, peraltro, interpreta l'incidente al Senato come un chiaro segnale di Verdini. Ma oggi non tutti i senatori Pd erano in Aula. In 6-7, sembrerebbe, hanno lasciato l'Assemblea al momento del voto e se c'è chi punta il dito sulla minoranza c'è anche chi osserva come le assenze siano state 'trasversalì e abbiano coinvolto anche esponenti della maggioranza. Segno dell'improvviso ribollire delle correnti interne ai piedi del Nazareno

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