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Scommesse sulla Serie B, Izzo: "Mai pensato di truccare una partita"

«Voglio solo precisare che nelle due gare di cui parlano i mass media (Modena-Avellino e Avellino-Reggina, ndr) - precisa Izzo - ero infortunato e non vi ho neanche preso parte. Ho piena fiducia nella Magistratura e sono sicuro di riuscire a chiarire la mia posizione».

GENOVA. «Apprendo dai giornali notizie che mi vedono coinvolto in vicende a me assolutamente estranee. Sono un calciatore e non ho mai neanche pensato di truccare una partita». Così il difensore del Genoa e della nazionale Armando Izzo ha commentato al sito «Iamnaples.it» l'inchiesta della Procura di Napoli che lo vede indagato con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per aver truccato due partite dell'Avellino nel campionato 2013/2014, quando Izzo ne era un
giocatore.

«Voglio solo precisare che nelle due gare di cui parlano i mass media (Modena-Avellino e Avellino-Reggina, ndr) - precisa Izzo - ero infortunato e non vi ho neanche preso parte. Ho piena fiducia nella Magistratura e sono sicuro di riuscire a chiarire la mia posizione».

«Non c'entro assolutamente niente, credo nella magistratura. Mi sembra di vivere un incubo - dice Izzo a Skysport -. Ricordo solo che ero infortunato in quelle due gare (Modena-Avellino e Avellino-Reggina ndr) e che non ho neanche giocato, ora mi sento un pò abbattuto a leggere queste cose».

«Ora - aggiunge Izzo - farò come faccio sempre, andrò avanti a testa bassa e penserò solo a lavorare. Per prima cosa riparto dalle mie sofferenze, conoscete tutti la mia storia, secondo credo nella magistratura».

La droga rappresenta il business più importante. Ma non il solo. Il clan Vinella Grassi, nato da una frazione che si è staccata dal gruppo composto a sua volta da scissionisti dando luogo a una nuova faida di camorra per il controllo delle piazze di spaccio di Secondigliano e Scampia, lucrava infatti anche con le scommesse sulle partite di calcio. Puntate che fruttavano somme a molti zero e soprattutto sicure, visto che la cosca provvedeva a combinare gli incontri corrompendo calciatori. Questo ha raccontato il pentito Antonio Accurso determinando l'apertura della ennesima indagine che mette a rumore il mondo del calcio e rinnova l'allarme per le infiltrazioni della criminalità nel settore delle scommesse.

Una inchiesta che coinvolge Armando Izzo, difensore del Genoa in odore di Nazionale, il centrocampista dell'Acireale Francesco Millesi, e l'ex calciatore Luca Pini. Tutti chiamati in causa per presunte combine quando indossavano la maglia verde dell'Avellino nella stagione 2013/14 del campionato di serie B. Due le partite finite nel mirino della Direzione distrettuale antimafia di Napoli: Modena-Avellino del 17 marzo 2014; la seconda è Avellino-Reggina del 25 maggio dello stesso anno. Gravi le ipotesi di reato formulate dalla procura nei confronti dei tre ex Avellino: concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in frode sportiva. Per gli inquirenti «si ponevano stabilmente a disposizione della organizzazione» allo scopo di «fare da tramite e corrompere giocatori allo scopo di influire fraudolentemente sui risultati delle partite, eventi sui quali gli esponenti apicali della Vinella scommettevano investendo proventi illeciti del sodalizio». Nei confronti di Millesi e Pini è stata eseguita una ordinanza agli arresti domiciliari mentre Izzo è indagato in stato di libertà. Sette presunti esponenti della cosca sono invece finiti in carcere per vicende di droga.

Antonio e Umberto Accurso, entrambi al vertice dei «Vinella Grassi» (Umberto è sospettato tra l'altro di essere il mandante del raid contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano, fatta bersaglio di colpi di kalashnikov), avrebbero promesso 200.000 euro e poi consegnato 30.000 euro a Millesi, attraverso l'intermediazione di Pini. Millesi avrebbe utilizzato tale somma per corrompere altri giocatori; in particolare, avrebbe «influito» su Maurizio Peccarisi per favorire la rete del Modena contro l'Avellino. Sul match gli Accurso avrebbero scommesso 400.000 euro, guadagnandone 60.000. Per quanto riguarda Avellino-Reggina, Antonio Accurso avrebbe offerto 50.000 euro, consegnati sempre attraverso Pini a Millesi che li avrebbe utilizzati per corrompere giocatori della Reggina «non identificati» e favorire la vittoria degli irpini: su tale risultato Accurso aveva infatti scommesso 400.000 euro guadagnandone 110.000. Altri due tentativi di combine non sarebbero andati in porto. Di Izzo la procura sottolinea la circostanza che il difensore è nipote di uno dei fondatori del clan. Sarebbe stata l'organizzazione a contattarlo e a chiedergli se poteva impegnarsi a combinare le partite sulle quali avrebbero scommesso.

L'indagine potrebbe anche estendersi. Il procuratore aggiunto della Dda Filippo Beatrice, che insieme con il sostituto della Dna Maria Vittoria De Simone e il pm Maurizio De Marco ha coordinato le indagini dei carabinieri, guidati dal generale Antonio De Vita, ha denunciato l'esistenza di «un'area grigia che si interfaccia con i criminali». Per Beatrice, uno dei magistrati che condusse dieci anni fa l'inchiesta su Calciopoli, «vi sono alcuni soggetti che non giocano solo a pallone ma coltivano relazioni per ottenere informazioni e realizzare illeciti». I magistrati ritengono che la consegna di soldi ai calciatori sia assolutamente provata, grazie ai riscontri alle dichiarazioni del pentito offerte dagli sms e dalle conversazioni intercettate. Messaggi in codice tra esponenti dei Vinella Grassi e i giocatori, in cui si parla di orologi in luogo del denaro. «Non è coinvolto l'Avellino, sembrerebbe che possano essere coinvolti alcuni giocatori ma non dirigenti o la società, per cui se ci trovassimo a dover rispondere di qualche infedeltà saremmo parte lesa», ha affermato il presidente dell'Avellino, Walter Taccone.

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