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Unioni civili, il Governo pone la fiducia. L'ira della Cei: è una sconfitta

ROMA. Il governo pone la fiducia alla Camera sulle unioni civili, che dovrebbero diventare legge dello Stato in settimana. Una decisione che scontenta quei gruppi  d'opposizione pronti a votare sì alla legge, e che fa arrabbiare quanti erano contrari e volevano esprimere in Aula il dissenso attraverso il dibattito. Ed è per questo che il segretario della Cei Nunzio Galantino ha definito «una sconfitta per tutti» la fiducia. E un altro focolaio di polemiche lo ha acceso il candidato sindaco di Roma, Alfio Marchini, dicendo che lui non celebrerà le unioni se diverrà Primo cittadino della Capitale.

La fiducia sulle unioni civili, richiesta dal ministro Maria Elena Boschi alle 14 in Aula, era stata annunciata già domenica dal premier Matteo Renzi. Nessuna meraviglia, dunque, anche se il numero limitato di emendamenti, e l'iscrizione di soli quattro deputati per la loro illustrazione, faceva capire - come ha notato Antonio Palmieri di Fi - che il governo non avrebbe dovuto affrontare un ostruzionismo feroce. Anche perchè le pregiudiziali di costituzionalità (che avrebbero bloccato il testo) erano state votate in mattinata solo da Lega e da Fdi, mentre M5s e Sel le avevano respinte assieme alla maggioranza, con Fi che si era astenuta.

Renzi ha fatto prevalere la certezza di avere la legge, sulla possibilità di garantire un dibattito in Aula, timoroso dei tranelli costituiti da alcuni voti segreti. Il premier temeva che proprio nel segreto dell'urna la minoranza del Pd si saldasse con tutte le opposizioni, al di là della disponibilità ufficiale ad appoggiare la legge da parte di Si, M5s e anche alcuni deputati di Fi. Bastava cambiare una virgola per rimandare il testo in Senato, il che sarebbe stata una sconfitta per il presidente del Consiglio.

La protesta delle opposizioni si è levata immediatamente, seppur con sfumature diverse. Arturo Scotto (SI) ha parlato di «grave errore», e Renato Brunetta di «squadrismo». Ma scontenti anche i pochi deputati della maggioranza contrari alla legge, che non voteranno la fiducia, come Alessandro Pagano, di Ncd, o Gianluigi Gigli e Mario Sberna di Democrazia Solidale.

Altri cattolici della maggioranza (come Paola Binetti) voteranno sì alla fiducia ma si asterranno sul voto finale al provvedimento (il regolamento della Camera separa i due voti). A farsi portavoce del malumore del mondo cattolico per l'impossibilità almeno del dibattito è stato, dunque, il segretario della Cei Nunzio Galantino: «Il governo ha le sue logiche, le sue esigenze, probabilmente anche le sue ragioni, ma il voto di fiducia, non solo per questo governo ma anche per quelli passati, spesso rappresenta una sconfitta per tutti».

Il mondo gay non esulta all'unanimità. Alcune Associazioni, come Arcilesbica o Famiglie Arcobaleno lamentano che non ci sia il matrimonio egalitario, ma altre, come Arcigay o Equality invitano a guardare gli aspetti positivi. Il clima teso della giornata à avuto un ulteriore fronte di polemica dopo le parole di Alfio Marchini: «non celebrerò unioni gay se dovessi vincere le elezioni». «Marchini tranquillo, ci penserà Giachetti da sindaco a celebrare le unioni gay», ha replicato il presidente del Pd Matteo Orfini, mentre Giachetti ha detto di «non veder l'ora» di votare la legge.

Giorgia Meloni si è detta contraria alle unioni civili, ma pronta a far rispettare la legge se divenisse sindaco. «I sindaci diano il buon esempio e rispettino la legge», ha detto il ministro Boschi. Il tema entra comunque nel dibattito della amministrative dalla porta principale.

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