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Condanne per 80 anni per 6 fedelissimi di Messina Denaro

PALERMO. Il gup di Palermo Walter Turturici ha condannato complessivamente a 80 anni di carcere 6 esponenti del clan del boss latitante Matteo Messina Denaro. Per 5 l'accusa era di associazione mafiosa, uno rispondeva di favoreggiamento. A 17 anni sono stati condannati Domenico Scimonelli, ritenuto tra gli uomini più vicini al capomafia trapanese, colletto bianco che avrebbe reinvestito anche in Svizzera i soldi del boss, Pietro Giambalvo e Michele Gucciardi.

Rispettivamente 12 e 13 anni hanno avuto Michele Terranova e Vincenzo Giambalvo, 4 Giovanni Loretta, accusato di favoreggiamento. Il processo si è svolto in abbreviato. L'accusa in giudizio era sostenuta dal pm Paolo Guido.

Tra gli imputati c'era anche Vito Gondola, reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo: la sua posizione è stata stralciata e sospesa per motivi di salute del boss. Il processo - una tranche prosegue in ordinario davanti al tribunale di Marsala - nasce da un'inchiesta della dda che, ad agosto scorso, portò all'arresto di 11 persone ritenute vicine al capomafia latitante.

Contestualmente a 4 indagati vennero sequestrati beni per 13 milioni di euro: mobili, immobili ed aziende a Mazara del Vallo, Castelvetrano, Salemi, Partanna, Santa Ninfa e Trapani. Dall'inchiesta emerse la "rete" di complicità, costituita anche da alcuni insospettabili, che garantirebbe la latitanza di Messina Denaro. Due anni fa, dopo l'arresto della sorella Patrizia e del nipote Francesco Guttadauro, il boss, sempre più solo, avrebbe deciso di tenere rapporti diretti soltanto con una persona: Vito Gondola, detto "Vito Coffa", che, con la morte del capomafia Mariano Agate, ha ereditato la reggenza della famiglia di Mazara del Vallo.

Le comunicazioni tra il padrino e i suoi affiliati avverrebbero ancora con il collaudato sistema dei pizzini, sia pure tra mille difficoltà. Per paura che eventuali collaborazioni possano consentire agli investigatori di individuare gli anelli della catena di trasmissione della corrispondenza, il boss ha dato ordine a Gondola di usare la massima prudenza: incontri e scambi di pizzini in aperta campagna, simulando la raccolta di verdura in una masseria di Mazara del Vallo finita oggi sotto sequestro.

Se Gondola aveva il compito di mantenere i contatti con Matteo Messina Denaro, "Mimmo" Scimonelli, titolare di un supermercato a Partanna, sarebbe invece l'uomo che si occupava delle finanze di Cosa Nostra. Avrebbe anche tentato di avvicinare un funzionario del ministero dello Sviluppo Economico per ottenere un finanziamento di settecentomila euro. Inoltre i suoi frequenti viaggi in Svizzera (Scimonelli ha un ufficio a Milano ndr) secondo gli inquirenti potrebbero essere stati compiuti per conto del boss che, oltre i confini nazionali, nasconderebbe le ingenti ricchezze accumulate.

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