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"Django" compie 50 anni, Franco Nero: e ora il terzo sequel

ROMA. Un reduce nordista della guerra di secessione americana cammina nel deserto trascinandosi dietro una cassa da morto.

Comincia così 'Django', pietra miliare del genere spaghetti western che ha compiuto questo mese 50 anni dall'uscita nelle sale, dove divenne un successo mondiale. Un film amato e citato anche da Quentin Tarantino. Sergio Corbucci alla regia, Franco Nero nei panni del pistolero che, imbracciando la mitragliatrice, falciava gli avversari, con 81 uccisioni in 94 minuti.

«La prima cosa che mi viene in mente è che sono invecchiato, anche se sono ancora uno sportivo e mi sento giovane - dice il protagonista, oggi 74 anni -. È un film che ha fatto epoca, comprato e distribuito in tutto il mondo. In Giappone, Germania e Sudamerica, quando andavo in albergo, non mi registravano più con il mio nome, ma come Django».

Adorato negli Stati Uniti. «Lo mostravo a Steve Mc Queen, Paul Newman, Warren Beatty, rispetto ai western di John Wayne era una novità - svela Nero -. Jack Nicholson voleva distribuirlo negli Usa, ma era già stato venduto».

Mezzo secolo dopo, qual è la morale?

«Era un film per gli operai che vorrebbero dire al padrone da oggi tutto cambia, bisogna cambiare registro: era un invito a ribellarsi».

Un successo che ha fatto scuola: una trentina di seguiti non ufficiali e remake, «ma più che altro erano dei surrogati».

Uno di questi, «Preparati la bara», anche con Terence Hill, sempre nel 1966. «Non lo ricordavo, in compenso a me Enzo Barboni propose di fare Trinità, ma me ne andai in America a girare Camelot, un kolossal che piaceva anche a Jfk». Un solo seguito ufficiale, 'Django 2 - Il grande ritorno' nel 1987: «Mi lasciai convincere a farlo in Colombia dal regista Ted Archer: un film fluviale, molto particolare, non so se riuscito o meno», spiega.

Ma l'eredità di Django è proseguita fino a Quentin Tarantino, appassionato di western all'italiana, che nel 2012 ha chiamato allo stesso modo il cacciatore di taglie interpretato da Jamie Foxx. «Sapeva tutte le mie battute e anche tutte le musiche - prosegue ancora Nero -. Ho letto la sceneggiatura di Django Unchained, Quentin mi ha detto: ti voglio in questo film. Gli ho proposto un cameo, che il suo Django fosse figlio del mio, ma secondo lui non poteva funzionare».

Alla fine l'incontro tra i due Django c'è stato, «ma lo ha tagliato molto, durava 9 minuti. Sta preparando una versione televisiva da 6 ore, magari lo inserirà lì». Nero è stato trattato come una star sul set dal regista delle Iene e Pulp Fiction. «Durante la lavorazione mostrava a tutti il Django originale - ricorda -. Diceva agli attori: non sapete niente, siete giovani, Franco Nero con Charles Bronson e Clint Eastwood era la star più grande al mondo!».

E ora è tempo di un nuovo sequel, 'Django Lives', e sarebbe il terzo.

«La sceneggiatura è di John Sayles, sarà ambientato 40 anni dopo il primo. Un Django ormai invecchiato sarà un umile lavoratore degli studios hollywoodiani dove si giravano i primi western. I sopralluoghi in Messico sono in corso, la Sony Classics è interessata a finanziarlo, speriamo si faccia».

Sarebbe l'ennesimo ritorno di una star del cinema e del West. Come diceva lo stesso Corbucci, d'altronde, «John Ford aveva John Wayne, Sergio Leone aveva Clint Eastwood e io ho Franco Nero».

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