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Il G5 al fianco della Libia per proteggere i pozzi petroliferi dall'Isis

ROMA. Il governo libico ha chiesto aiuto per proteggere i pozzi petroliferi dalla minaccia dell'Isis, e la comunità internazionale ha risposto.  Da Hannover, il premier Matteo Renzi ha assicurato il «sostegno unanime» del G5 al governo Sarraj e che l'Italia sarà «sensibile» alle sue richieste, quando verranno «formalizzate».

A Tripoli il Consiglio presidenziale guidato dal primo ministro Fayez al Sarraj prosegue a piccoli passi nel tentativo di dare un ordine al caos libico. Oggi, è arrivata la richiesta di aiuto all'Onu, agli europei ed ai Paesi africani confinanti per proteggere le risorse petrolifere, dopo un'allerta su possibili attacchi a istallazioni anche marittime, tanto più che due giorni fa i miliziani dello Stato Islamico hanno lanciato una nuova offensiva contro i pozzi di Brega, nell'est del Paese.

Il dossier libico era sul tavolo dei grandi della terra, riuniti in un vertice informale al castello di Herrenhausen, in Bassa Sassonia. Renzi, che prima del vertice ha parlato al telefono con Sarraj, al termine dei lavori ha spiegato che i G5 (Usa, Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia) hanno espresso «sostegno unanime» al lavoro di Sarraj e «bisogna fare di tutto perchè abbia successo». Tutte le iniziative, ha però ribadito, «dovranno essere richieste» da Tripoli. E quando saranno «formalizzate, non solo annunciate, l'Italia sarà un partner sensibile, pronto a dare una mano dentro un progetto complessivo», ha assicurato il premier italiano, specificando comunque che i pozzi petroliferi per i quali è stato chiesto aiuto non sono quelli dell'Eni.

Ad Hannover non sono state decise misure concrete, proprio perchè si attendono richieste specifiche da Tripoli, ma in ogni caso Renzi ha registrato il «cambio di direzione della comunità internazionale rispetto a quanto accadeva un anno fa, quando la questione Libia e quella immigrazione non erano una priorità europea». Proprio sul fronte dell'emergenza sbarchi, un accordo con la Libia sul modello di quello fatto con la Turchia - ha sottolineato il premier - può far «ridurre il numero di migranti in partenza dall'Africa». Il vero ostacolo, fino a questo momento, è la sostanziale fragilità dell'esecutivo Serraj, che non ha ancora ricevuto il sostegno formale di quella importante parte del Paese che fa capo al Parlamento di Tobruk, in Cirenaica, soprattutto per l'opposizione del suo uomo forte, il generale Khalifa Haftar.

Haftar, infatti, pensa soltanto a preparare l'offensiva contro l'Isis nella sua roccaforte, Sirte, potendo contare sul sostegno dell'Egitto di Sisi. Questo stallo è visto con preoccupazione dalla comunità internazionale e dall'Onu, che anche oggi con il suo inviato speciale Martin Kobler ha sollecitato Tobruk a dare la fiducia al governo di unità nazionale entro dieci giorni.  Senza un esecutivo con il pieno controllo di tutto il territorio, ogni ipotesi di intervento militare - anche di semplice peacekeeping - è considerata prematura nelle cancellerie occidentali. Anche se, sotto traccia, forze speciali europee ed americane sarebbero già attive da tempo al fianco delle truppe locali per fronteggiare l'Isis.

Secondo i media britannici, tra l'altro, i commando di Sua Maestà si preparerebbero a lanciare nelle prossime settimane un attacco contro i jihadisti a Sirte, unendosi ai militari francesi e statunitensi

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