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"Rapporti elettorali con mafia": assolto Antinoro. Prescrizione per corruzione elettorale

Gli avvocati: "Accusa di mafia insussitente"

PALERMO. Sono state dichiarate prescritte le accuse per Antonello Antinoro, ex politico siciliano dell'Udc, accusato di aver incontrato prima delle elezioni del 2008 esponenti di un clan mafioso palermitano per stringere un accordo elettorale.
Il pg Nico Gozzo aveva chiesto la condanna a sei anni. Secondo il pg, c'erano infatti i presupposti per condannare Antinoro per voto di scambio elettorale politico-mafioso (416 ter codice penale). Tesi non accolta dai giudici che hanno dichiarato prescritto il reato di corruzione elettorale previsto dal Dpr 361/57 (“Chiunque, per ottenere a proprio o altrui vantaggio la firma per una dichiarazione di presentazione di candidatura, o il voto elettorale o l’astensione, offre, promette o somministra denaro, valori, o qualsiasi altra utilità”). In primo grado gli erano stati inflitti due anni e due mesi. In Tribunale cadde, infatti, l'ipotesi che il reato fosse aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra. Poi però in appello l'aggravante fu nuovamente contestata e l'ex deputato fu condannato a sei anni, sentenza poi annullata dalla Cassazione dopo l'entrata in vigore della nuova norma sul voto di scambio che ha sì esteso l'ambito di applicazione, prevedendo oltre al denaro anche "altre utilità” come contropartita per il procacciamento di voti, ma ha pure previsto espressamente che i voti vengano procurati con "modalità mafiose", restringendo cosi' la fattispecie, e che ci sia la piena consapevolezza dell'imputato della statura criminale dei mafiosi. La ricostruzione dell'accusa si basava su un incontro avvenuto nel 2008, prima dello svolgimento delle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea regionale e del Parlamento, tra Antinoro e alcune persone, all'epoca incensurate, ma sospettate di essere legate a Cosa nostra: Agostino Pizzuto, Antonino Caruso, e Vincenzo Troia.
Il collegio difensivo composto dagli avvocati Valerio Spigarelli, Giuseppe Cincioni, Marianna Viola e Marco Sabatini, sottolinea che nel processo ad Antinoro è stata ritenuta insussistente l'accusa di scambio elettorale politico-mafioso, riconoscendo in tal modo l'innocenza dell'imputato rispetto a questa contestazione.
Nel corso di quegli incontri Antinoro avrebbe promesso e poi pagato una somma compresa tra i 3.000 e i 5.000 euro. Un collaboratore, Michele Visita, ha detto di aver partecipato a quegli incontri elettorali in cui si sarebbe stretto il patto e consegnata la mazzetta. Per Antinoro, il pagamento era un compenso per servizi di attacchinaggio in campagna elettorale.

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