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Migranti, "In Sicilia non c'è alcuna invasione"

PALERMO. «Non è un'invasione». Lo dicono a chiare lettere ricercatori e sociologi che, armati di cifre, grafici e statistiche, cercano di fotografare la realtà delle migrazioni in Sicilia, confrontandola con la situazione italiana ed europea. Gli ultimi dati analizzati vengono forniti dal terzo rapporto pubblicato dall'Osservatorio migrazioni dell'Istituto Arrupe, guidato da Nicoletta Purpura, e presentati ieri a Palazzo dei Normanni, alla presenza dell'assessore regionale alla Famiglia, Gianluca Micciché, dell'assessore alle Attività produttive, Mariella Lo Bello, e della dirigente dell'ufficio speciale Immigrazione, Daniela Segreto.

Proprio nel giorno in cui i mezzi navali schierati nel Canale di Sicilia sono intervenuti per salvare oltre 1.500 persone, che erano a bordo di gommoni alla deriva tra le 20 e le 30 miglia a nord della Libia. Complessivamente la centrale operativa della guardia costiera ha coordinato 11 interventi di soccorso, per un totale di 1.569 migranti recuperati.

È Maurizio Ambrosini, sociologo dell'Università di Milano e direttore della rivista Mondi migranti, a ristabilire paletti oggettivi nel controverso fenomeno degli arrivi di stranieri in Italia e in Sicilia in particolare. «La rappresentazione che solitamente viene fatta, come se si discutesse al bar, è di una immigrazione in aumento drammatico, a causa dei richiedenti asilo provenienti da Africa e Medioriente, solitamente uomini e musulmani - spiega Ambrosini -. La realtà è un'altra. L'immigrazione ha numeri stazionari, si tratta di 5 milioni di migranti in Italia, di cui 170 mila rifugiati e richiedenti asilo. La maggior parte arrivano per lavoro, con un normale visto turistico; si tratta di giovani adulti di entrambi i sessi, che, se le cose vanno bene, cominciano a richiamare la famiglia. La provenienza principale è europea, ci sono molte donne e di Paesi di tradizione cristiana. Il primo problema è, dunque, non confondere il tutto con la parte». E non sono nemmeno i più poveri a emigrare, perché «per partire ci vogliono risorse», mentre il problema reale è nei Paesi del terzo mondo, dove si concentra l'86% di rifugiati, «nell'Ue c'è meno del 10% dei 60 milioni di rifugiati, in Italia solo due persone ogni mille abitanti. L'Italia sta facendo bene sul fronte dei salvataggi in mare, ma deve crescere nell'integrazione sul territorio».

Dal primo gennaio 2015 al 10 ottobre 2015, sulle coste italiane sono sbarcati 136.432 migranti, con una riduzione del 7,4% rispetto allo stesso periodo del 2014 (anche se il Viminale ieri sera ha diffuso una nota in cui si dice che sono in aumento nel 2016). Anche in Sicilia, confrontando i dati relativi ai primi cinque mesi del 2014 e del 2015, si registra una riduzione degli sbarchi, dal 97% si scende al 73,4%. Ma varia anche la composizione per Paese di provenienza: se nel 2014 i migranti erano siriani (43.323), seguiti da eritrei (34.329) e malesi (9.908), nel 2015 al primo posto si trova l'Eritrea (36.838), seguita da Nigeria (18.452) e Somalia (10.605).

L'approdo straordinario di migranti in Italia ha necessariamente comportato l'aumento del numero delle strutture temporanee di accoglienza che, al 10 ottobre 2015, sono arrivate a 3.090. In Sicilia si registrano 105 strutture temporanee, il 3,4% del totale. Secondo i dati del ministero dell'Interno sono 99.096 i migranti presenti nelle strutture d'accoglienza, compresi i Cie, al 10 ottobre 2015, di cui il 70% (70.918) in strutture temporanee.

Guardando i dati degli stranieri residenti, si nota che in Sicilia l'incremento nel 2015 c'è, ma è di appena 12 mila unità rispetto all'anno precedente, attestandosi su 174.116, il 3,4% sul totale della popolazione, all'ottavo posto in Italia. Sono di più le donne provenienti da Romania, Polonia e Russia, mentre gli uomini da Tunisia, Bangladesh e Marocco.

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