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Bruxelles bacchetta l'Italia per il debito: ma bene le riforme di scuola, lavoro e banche

BRUXELLES. Nel rapporto sugli squilibri macroeconomici della Commissione Ue, che fa il punto sulle debolezze dell'economia italiana e sull'attuazione delle raccomandazioni per risolverle, c'è qualche nota positiva ma quelle dolenti sono ancora molte.

Bruxelles per la prima volta riconosce all'Italia di aver fatto "qualche progresso" con "importanti" riforme del mercato del lavoro, scuola e sistema bancario, che eviteranno l'apertura di una procedura per squilibri eccessivi. Ma bacchetta il Paese per l'alto debito pubblico: questo la rende debole di fronte a nuove crisi al punto da poter 'contagiare' il resto dell'eurozona e rallentarne la crescita.

E anche sulle stesse banche, oltre a fisco, spending review, tassazione sulla prima casa, catasto, contrattazione collettiva e tempi di prescrizione si potrebbe, e si dovrà, fare di più. Il Mef, forte anche del ramoscello d'ulivo sulla flessibilità uscito dall'incontro Juncker-Renzi, tiene il punto e sottolinea che il rischio che le debolezze italiane possano ripercuotersi sulla zona euro è sicuramente più contenuto rispetto al passato.

Niente di nuovo quindi, secondo viale XX settembre, in quanto si tratta di squilibri che affliggono l'Italia da molto tempo.Senza contare che Bruxelles si dimentica, obietta il Mef, dei provvedimenti presi sul fisco: la cancellazione della componente lavoro dal calcolo dell'Irap e la riforma dell'amministrazione fiscale che sta favorendo l'adempimento spontaneo.

DEBITO. "Il debito pubblico estremamente elevato rappresenta un notevole onere economico e una fonte di vulnerabilità", si legge nel rapporto della Commissione. Per il 2016 si prevede che "il saldo primario strutturale peggiori toccando un livello non in linea con una riduzione adeguata del rapporto debito/pil". E i costi di rifinanziamento del debito minacciano sempre di più anche il settore bancario, che "resta esposto al rischio sovrano" in quanto l'esposizione delle banche italiane verso i titoli di stato "è più che triplicata dal 2008", passando dall'8% del pil al 25% del 2015.

BANCHE. "Nel settore bancario sono in corso importanti riforme, ma persistono sacche di vulnerabilità" come ha rivelato "la recente risoluzione di quattro piccole banche italiane", afferma il rapporto Ue. L'Italia ha "compiuto notevoli progressi nel dar seguito" alle raccomandazioni di Bruxelles, però "il riassorbimento dei crediti deteriorati procede ancora a rilento", e "il sistema bancario appare più debole rispetto a quello di altri Paesi dell'Ue".

FISCO. Male l'abolizione dell'Imu dal 2016, che "non è in linea con le reiterate raccomandazioni" Ue, mentre non è nemmeno stato dato seguito a quelle che chiedevano "la revisione dei valori catastali e delle agevolazioni fiscali".

COMPETITIVITA' E IMPRESE. "La crisi ha aggravato la dinamica della competitività e le prospettive rimangono poco incoraggianti", in un contesto imprenditoriale che "risente degli ostacoli alla concorrenza". Di conseguenza "fare impresa in Italia è nettamente più difficile che nelle altre grandi economie", con una "erosione della competitività" e il calo dell'export. A cui si aggiunge la fuga dei cervelli.

RISCHIO CONTAGIO. Tutte queste "debolezze strutturali continuano a frenare la capacità dell'Italia di crescere e reagire agli shock economici" influendo così "negativamente sulla ripresa e sul potenziale di crescita dell'Europa". Al punto che, avverte Bruxelles, "data la sua centralità nella zona euro, l'Italia è fonte di potenziali ricadute sugli altri".

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