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Sacco: "Jihadisti a Lampedusa? Solo propaganda, la Francia sbaglia"

PALERMO. «L’Italia è diventata un Paese d'immigrazione, perché dal 1971 gli arrivi superano le presenze. In Sicilia, però, non è così. Negli ultimi vent'anni, infatti, i residenti che hanno deciso di emigrare sono stati dieci volte più degli stranieri che hanno scelto di restare». Giuseppe Sacco, appena andato in pensione dopo avere insegnato Movimenti di popolazione e Relazioni internazionali alla «Luiss Guido Carli» di Roma e ancora a Parigi, «Roma 3», Firenze e Seul, sottolinea come «l'Invasione scalza» - s'intitola così un suo saggio sui fenomeni migratori - stia salvando il nostro Paese dall'estinzione «per deficit di nascite».

Quindi, si sofferma sul "caso" siciliano: «L'Isola si svuota e solo in parte ciò viene compensato dagli extracomunitari. I siciliani vanno via innanzitutto perché manca lavoro, tranne quello sottopagato che loro non vogliono fare. Anche le altre regioni meridionali conoscono una realtà simile, ma non nelle stesse proporzioni».

Di migranti abbiamo bisogno, ma per il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, gli sbarchi a Lampedusa sono «a grande rischio di infiltrazioni terroristiche». Solo allarmismo?
«Questa è propaganda pura. La Francia, poi, ha diritto di parlare meno di chiunque altro perché il caos in Libia è stato scatenato dal loro avventurismo e dal tentativo di sottrarre risorse petrolifere alla nostra Eni. Ad ogni modo, sgombriamo il campo da equivoci: i terroristi manovrati da organizzazioni internazionali non giungono qui sui barconi perché i rischi sono troppo forti. Arrivano, piuttosto, su aerei e treni. Va, poi, ricordata un'altra forma di jihadismo che nasce da comunità straniere ”alienate” come quelle presenti in Francia. Non per caso, le due stragi di Parigi sono prodotto di terrorismo endogeno».

La Francia ha fallito modello di integrazione?
«È un fallimento totale. Nell'Inghilterra ci sono più musulmani che Oltremanica, ma non si sono verificati episodi simili a quelli di Parigi. La Gran Bretagna è percepita dagli estremisti islamici come una nazione nemica, con l'aggravante che la Regina è il capo della Chiesa. Ma in Francia è peggio».

Cioè?
«Studiate i testi dei rapper musulmani d'Europa, come quel Jihadi John che è, poi, diventato uno dei più spietati tagliagole dell'Isis. I rapper inglesi manifestano tutto il loro odio verso quella nazione in video come "Dirty kuffar" ("Sporco infedele", ndr). I loro colleghi francesi, invece, definiscono la loro patria una madre indegna che tratta alcuni da figli, altri da figliastri. Difficile trovare qualcosa di più esplosivo delle dispute familiari».

Le ragioni di tanto odio «domestico»?
«La delusione. Quando scoppiò la rivolta delle "banlieu", tra il 2005 e il 2007, è significativo che venissero bruciate le scuole. In Francia, a differenza della Gran Bretagna, l'istruzione è veramente obbligatoria. Gli insegnanti parlano di una terra laica dove tutti sono uguali, dove non viene fatta distinzione, dove tutti sono francesi ma, usciti da lì, si scopre che non è vero. E nasce la sensazione di essere figli diseredati».

Emarginazione, risentimenti, stanno lievitando anche in Italia?
«Situazione diversa dalla Francia, dove gli immigrati sono quasi tutti nordafricani di fede islamica che tra loro parlano l'arabo. Hanno tutte le caratteristiche, cioè unità religiosa e linguistica, per formare una nazione all'interno di un'altra nazione. Questo non capita in Inghilterra, ma soprattutto non avviene in Italia dove abbiamo avuto ondate di arrivi dal Marocco e dall'Albania, da Romania e Sri Lanka, Sudamerica, Polonia, Bangladesh, Eritrea, Senegal e Ucraina. Noi siamo anche il Paese europeo con il più alto numero di cinesi».

Siamo una nazione che ha conosciuto da vicino sia l'emigrazione, sia l'immigrazione. Proprio questo, forse, spiega tormenti e contraddizioni delle politiche italiane in materia di accoglienza?
«No. Secondo me, invece, questo ha favorevolmente influito sulla nostra capacità di adattamento ai flussi migratori. Cosa che, peraltro, è inevitabile perchè solo in tre nazioni al mondo il numero delle morti supera quello delle nascite. Curiosamente, sono le tre nazioni sconfitte della Seconda guerra mondiale: Germania, Giappone e, appunto, Italia».

Meglio, quindi, lasciare le porte aperte?
«L'Italia non può certo accogliere tutte la miseria del mondo. È un fatto, però, che a partire dal ’64 le nascite sono crollate e la vita media continua a salire. Esistono, quindi, generazioni sempre più numerose di pensionati che hanno bisogno di qualcuno che lavori per loro. E di ultraottantenni che devono anche essere assistiti».

In un'intervista al Giornale di Sicilia, Giovanni Sartori ha escluso che l'integrazione degli islamici sia possibile. Soprattutto, però, ha affermato che siamo in guerra e i barconi andrebbero fermati. Sbaglia?
«Il sentimento anti-musulmano viene alimentato per ragioni di politica interna, specie dopo avere constatato che prendendosela coi "terroni" non si andava oltre il 3 per cento. Su Sartori, invece, considero una fortuna aver insegnato a Firenze quando vi insegnava anche lui. Ma, quando esplose il fenomeno delle Brigate Rosse, teorizzò che il nostro Paese sarebbe diventato comunista, vendette tutto quello che aveva e se ne andò in America...».

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