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Dai greci ai normanni, a Londra una mostra sulla Sicilia leader nel Mediterraneo

PALERMO. Noi gli prestiamo la «nostra» Grecia, quella che abbiamo studiato, la filosofia che ha modellato il nostro pensiero, i miti fondanti dell'Occidente, i personaggi della nostra storia, l'idea della perfezione. Loro accolgono la nostra arte e attraverso essa, cercano tutto quello che non conoscono, danno un calcio agli stereotipi, inseguono idee, storia, uomini di un passato sfavillante.
Sono oltre 200 oggetti, molti dei quali esposti per la prima volta nel Regno Unito, che racconteranno 4000 anni di storia al British Museum di Londra - circa sette milioni di visitatori ogni anno - nella mostra dal titolo «Sicily: culture and conquest», in programma dal 21 aprile al 14 agosto e che è già stata «cinguettata» attraverso twitter, e raccontata da un video su «Periscope».
Giovane (e immediatamente disponibile) uno dei curatori, Dirk Booms: «Una mostra richiede un grande impegno, lavoriamo su questa già da tre anni, con momenti diversi. Con la Regione Siciliana, nel 2012, abbiamo firmato un "Memorandum of Understanding", noi curatori siamo venuti più volte giù a discutere della mostra con gli esperti siciliani per decidere insieme quali oggetti avrebbero potuto meglio rappresentare la storia della Sicilia al grande pubblico».
La scelta è caduta sul periodo greco e su quello normanno: «Perché allora erano le altre culture a invidiare la Sicilia, leader nel Mediterraneo. Inoltre si tratta di periodi poco conosciuti nonostante abbiano lasciato tracce ben visibili, nell'archeologia, nell'architettura, e nell'identità di un'isola che rivaleggiava con l'impero bizantino d'Oriente e il califfato fatimita d'Egitto, in un clima di collaborazione multiculturale, in cui emersero, dalla miscela di influenze, forme uniche di arte».
«La narrazione parte dall'arrivo dei greci, dal loro incontro con i fenici e con altri invasori, fino allo straordinario periodo illuminato sotto il dominio normanno. L'arte e gli oggetti che queste dominazioni hanno prodotto sono alcuni dei più belli ed importanti nella storia del Mediterraneo. Non potevamo limitarci solo agli oggetti del British Museum e della Sicilia, ma bisognava anche includere reperti provenienti da altre collezioni, come il Metropolitan Museum of Art di New York, la Bodleian Library di Oxford, oltre alle collezioni italiane. A tre mesi dalla mostra, non posso già svelare tutti i pezzi che arriveranno a Londra perché altrimenti la sorpresa sarebbe rovinata».

Teste Gorgoni, statue di tiranni illuminati, telamoni, arieti bronzei, rostri navali di bronzo, preziose metope, mosaici, busti, marmi a rilievo e iscrizioni multilingue, ornamenti, monete, tessuti, gioielli: questi eravamo. Come dice lo slogan della mostra: «La più grande isola del Mediterraneo. La casa del Monte Etna. Un centro culturale del mondo antico e medievale».

Riprende Booms che conosce bene la Sicilia ma non ha mai partecipato a scavi sull'Isola: «Il rostro fu ritrovato nel 2011 e risale alla prima guerra punica, nel 241 a.C., quando i romani conquistarono l'Isola e ne fecero il granaio di Roma. Un altro oggetto di incredibile fascino è l'altare in terracotta proveniente da Gela, alto più di un metro ed interamente preservato, con le tre dee ctonie. Ci saranno anche frammenti architetturali del Palazzo dei Normanni, per dare l'idea di come fosse lussuoso, e un mosaico bizantino della Cattedrale di Palermo con la Vergine Maria. Il nostro vero obiettivo è far vedere al grande pubblico un'isola che pochi conoscono: niente mafia, niente spiaggia, niente politica, ma saranno inclusi eventi sull'arte e sulla musica contemporanee. La vostra è una terra con una storia e un patrimonio incredibili».

Sponsor dell'intera operazione è Julius Baer, il più importante gruppo svizzero di private banking. Da questa collaborazione la Regione non rimarrà a mani vuote: «Secondo un accordo tra l'Assessorato regionale dei Beni culturali e dell'Identità siciliana e il British - spiega l'assessore Carlo Vermiglio - il museo londinese verserà all'Assessorato una royalty del 10%, al netto degli utili, derivante dalle vendite dei cataloghi e del merchandising e concederà in prestito alcune opere della propria collezione. Inoltre si occuperà del restauro di alcune opere che i nostri musei concederanno in prestito per la mostra, tra cui "Il Guerriero" di Agrigento. Poi, il British, farà una vera opera meritoria: a parte alcune giornate di studio e a parte la comunicazione ai media britannici, collaborerà all'organizzazione di un workshop in Sicilia dedicato al tema della nuova comunicazione museale con la partecipazione, a sue spese, di esperti del museo inglese: forse così abbandoneremo anche noi le obsolete conferenze stampa per fare, come il British, un tweet tre mesi prima dell'apertura dell'esposizione, e un video su "Periscope" in cui parlano i curatori. E il mondo sa. Pericolosa appare, invece, la programmata visita di un gruppo di giornalisti delle più prestigiose testate britanniche nei nostri musei, e il link delle nostre istituzioni museali sul sito del British: almeno fin quando non ci saranno siti degli di questo nome dove sia contemplata la traduzione in inglese».

Conclude Vermiglio: «Il British realizzerà, durante il periodo della mostra, una serie di iniziative di promozione della cultura siciliana, compresa la vendita e la promozione al British dei prodotti siciliani di eccellenza".
Dal cibo all'artigianato. E lì lezioni non può darcene nessuno.

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