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Dal Covolo: Rinviare il Giubileo? Assolutamente no, faremmo il gioco dei terroristi

ROMA. «Se rinviassimo il Giubileo faremmo il gioco dei terroristi. Non dobbiamo cedere». Monsignor Enrico dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, ribadisce un «no» deciso all'opportunità di rinviare il Giubileo straordinario della Misericordia a causa della volontà annunciata dall'Isis di compiere attentati a Roma. Dal Covolo, che nei prossimi giorni sarà in Sicilia per due lectio magistralis, prima a Messina e poi ad Agrigento, individua anche una nuova caratteristica nel Giubileo che comincerà il prossimo 8 dicembre: «Non toccherà solo Roma ma si celebrerà in ogni diocesi».

Qual è la novità di questo Giubileo?
La novità è quella di una totale decentralizzazione rispetto a Roma. Non nel senso dottrinale, perché è normale che il Giubileo parta da Roma e trovi in Roma il suo centro. Ma è una decentralizzazione nella celebrazione stessa del Giubileo. Ogni diocesi si trova ad avere in pratica la sua Porta Santa. Quindi, non sono necessari i grandi pellegrinaggi a Roma, perché di per sé il Giubileo con tutte le indulgenze connesse può essere lucrato in qualsiasi diocesi. Ciò viene dimostrato anche dal fatto che Papa Francesco non ha voluto creare nessuna commissione speciale per questo Giubileo, che è stato affidato invece al Pontificio Consiglio della Nuova Evangelizzazione e a monsignor Fisichella come suo presidente. È una innovazione interessante che indica la volontà del Papa di andare in uscita. Tanto è vero che la prima Porta Santa del Giubileo Francesco non la aprirà neppure a Roma, ma in Africa durante il suo viaggio apostolico.

Perché il Papa affermato che «non devono esserci porte blindate nella Chiesa»?
Il Papa ha voluto ribadire che le porte sono spalancate alla Misericordia di Dio. Le porte di Roma restano pure spalancate. Però, non c' è quel vincolo che poteva esistere nei giubilei precedenti per cui se non si faceva il pellegrinaggio a Roma era come se l' Anno Santo non fosse stato lucrato in maniera sufficiente. Non è più così.

Quindi, si può affermare che Papa Francesco ha rivoluzionato anche la forma del Giubileo?
Esattamente. Il significato rimane intatto. Cambiano le modalità di celebrazione del Giubileo stesso.

Secondo lei, alla luce dei pericoli legati a possibili attentati dell'Isis a Roma, è opportuno o no rinviare il Giubileo?
Il Giubileo non va rinviato. Se lo rinviassimo faremmo il gioco dei terroristi che ci stanno alle costole. È chiarissimo che il loro disegno è quello di creare terrore. Ed è proprio a questo che non dobbiamo cedere. Dobbiamo piuttosto fare vedere come Chiesa e come comunità sociale che questo loro scopo non è stato raggiunto. Che noi andiamo avanti, non con la forza delle armi. L'antichità ci insegna che sangue chiama sangue e violenza chiama violenza. Quindi dobbiamo stare attenti all'uso delle armi. Piuttosto dobbiamo usare le armi della misericordia e del dialogo.

Il Giubileo che sta per cominciare è un giubileo straordinario, cioè organizzato prima dei canonici 25 anni che normalmente intercorrono tra due giubilei. Che cosa testimonia ciò?
Significa che Papa Francesco ha voluto mettere sul tavolo della Chiesa e della società in questo momento storico il tema della misericordia, che è l' elemento più importante per un dialogo fruttuoso tra le religioni, ma anche tra le culture e le società. Se non vogliamo prendere la via delle armi, ce n' è solo un' altra, quella del dialogo che non vuol dire buonismo. Il dialogo richiede competenza e fermezza. Perché se si confondono le posizioni diventa un dialogo finto. Secondo me, questa seconda via è l' unica perseguibile, perché l' altra conduce sempre nel circuito della violenza. Il dialogo superficiale, però, non serve a nessuno.

E proprio puntando sul dialogo l' Università Lateranense ha organizzato un' iniziativa legata al Giubileo. Perché?
Abbiamo voluto anticipare di qualche giorno l' apertura della Porta Santa. Il 3 dicembre alle 15 nell' Aula magna della nostra Università faremo una tavola rotonda con tre docenti dell' università di Qom, città santa sciita in Iran, e tre professori della Lateranense sulla misericordia nelle due tradizioni, quella sciita musulmana e quella cattolica. Anche questo è un esempio di dialogo.

Nell'omelia a Santa Marta, il Papa ha ribadito che «non c' è giustificazione per la guerra». Che cosa vuole dire Francesco?
Il Papa faceva riferimento alla prima lettura in cui si parla di un episodio di violenza in nome di Dio. Se prendiamo certi passi dell'antico testamento isolandoli dal contesto della storia della salvezza, la Bibbia può diventare un libro guerrafondaio. Nella tradizione cristiana e cattolica ci ha salvato da questo una interpretazione spirituale della scrittura condotta dai padri della Chiesa. Quindi gli episodi di violenza vanno riferiti a violenza contro il male nel nome di Dio ma non con le armi della violenza, ma con quelle che ci ha suggerito Gesù Cristo nel nuovo testamento. Il problema dell' Islam invece è che ci sono gruppi ancora fermi alla interpretazione letterale del Corano.

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