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Bimbo commuove il Sinodo: divide l'ostia con i genitori risposati

Ha commosso stamane l'assemblea sinodale una vicenda raccontata da uno dei padri per descrivere quante implicazioni, anche sul piano umano, abbia la controversa questione della comunione ai divorziati risposati

CITTÀ DEL VATICANO.  Ha commosso stamane l'assemblea sinodale una vicenda raccontata da uno dei padri per descrivere quante implicazioni, anche sul piano umano, abbia la controversa questione della comunione ai divorziati risposati. Monsignor Roberto Rosa, parroco della chiesa di San Giacomo Apostolo a Trieste, con un intervento in aula - è stato riferito - «molto emotivo», ha raccontato di un bambino che faceva la prima comunione nella sua parrocchia e i cui genitori erano entrambi divorziati e risposati e non potevano quindi prendere l'eucaristia nel corso della cerimonia. Il bambino allora, nel ricevere l'ostia, ne ha staccati due pezzetti e li ha dati ai suoi genitori perchè anche loro avessero la comunione, come tutti gli altri genitori presenti.

L'intervento, riportato ieri nel briefing senza però citarne l'autore, ha voluto sottolineare quanto nella Chiesa sia sentito il problema lacerante delle persone unite in seconde nozze e che sono tenute lontane dai sacramenti. Le congregazioni generali di ieri pomeriggio e di questa mattina, affrontando la terza parte dell'Instrumentum Laboris, hanno toccato in molti dei 93 interventi proprio la questione della comunione ai risposati, entrando quindi nel vivo della discussione su uno dei temi più spinosi e divisivi del Sinodo, ma con visioni e approcci diversi e che delineano un'assemblea tuttora spaccata. Per alcuni la premessa si fonda sulla necessità di una riproposizione chiara e intatta degli insegnamenti della Chiesa
sul matrimonio indissolubile, e dunque un atto di tutela della dottrina, poichè - si è sostenuto - «la Chiesa non ha il potere di aumentare nè di diminuire la Parola di Dio». Altri hanno
evidenziato come «la sequela di Cristo non possa tradursi in una esclusione permanente delle persone dai sacramenti» - quasi che, hanno osservato dei padri, i sacerdoti siano «funzionari addetti al controllo dei fedeli» - poichè la lontananza in particolare dall'eucaristia viene considerata una «privazione grave».

Centrale in questo percorso la possibilità, già evocata, di individuare per i risposati un accesso non indiscriminato ai sacramenti, ma consentendo un approccio «personalizzato», sempre sotto la supervisione del vescovo diocesano. «Serve un cammino di discernimento ben strutturato per i divorziati e risposati, per lasciar loro prendere la loro decisione, nella loro coscienza - ha spiegato uno dei portavoce del Sinodo, padre Bernd Hagenkord -. La via penitenziale è stata discussa: questo progetto che nasce dall'intervento del cardinale Kasper, un anno e mezzo fa, perchè in ogni caso il sacramento della Penitenza precede il sacramento dell'Eucaristia: è chiamato la via penitenziale. È stata proposta una valutazione delle situazioni caso per caso e una limitazione di una tale ammissione per casi particolarmente significativi». Una domanda posta apertamente in aula è: «se queste persone non sono scomunicate che cosa fa la Chiesa, in modo concreto, per loro?». E su questo le visioni divergono, sempre nel segno, comunque, di «un accompagnamento delle persone, nella guarigione dal loro fallimento, senza però diluire la dottrina». Un padre sinodale francofono, comunque, ha voluto sottolineare che è l'amore tra i coniugi a determinare l'indissolubilità, non il sacramento, e privare le persone dei sacramenti è un atto grave e che dev'essere «gravemente giustificato».

Tra le proposte, anche quella sul canone 874 del Codice di diritto canonico, affinchè sia abbattuto il divieto per i divorziati risposati di fare i padrini o le madrine nei battesimi. Ma è stato anche sottolineato come il «percorso di penitenza» ipotizzato possa creare «situazioni di ingiustizia» verso le persone che, anche dopo il divorzio, sono rimaste fedeli al precedente matrimonio. «Noi come Conferenza episcopale polacca escludiamo la possibilità di dare l'eucaristia ai divorziati risposati - ha sentenziato il presidente mons. Stanislaw Gadecki, arcivescovo di Poznan -, ma ci sono molteplici modi per partecipare alla vita della Chiesa, senza sentirsi rifiutati, nè scomunicati. Anche per i risposati ci sono vie di salvezza, a modo loro e secondo quello che la Provvidenza prepara per loro». «Noi cerchiamo di includere nella vita della Chiesa tutti i battezzati. Il Sinodo, comunque, non ha mai preteso di giungere
a una decisione nel corso della sua durata, ma di offrire delle riflessioni al Papa per le sue conclusioni», ha invece detto il messicano mons. Carlos Aguiar Retes, ex presidente del Celam. Significative, intanto, le parole pronunciate oggi dal Papa nella messa a Santa Marta, richiamando a non ergersi a «controllori della salvezza» ed esortando i fedeli a guardarsi «dai dottori della legge che accorciano gli orizzonti di Dio e rendono piccolo il suo amore».

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