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Italiano rapito nelle Filippine, si indaga su gruppo islamico radicale

BANGKOK. Le autorità filippine hanno lanciato questa mattina una massiccia operazione di ricerca lungo le aree costiere vicino a Dipolog City, dove ieri sera un commando armato ha rapito l'ex sacerdote italiano Rolando Del Torchio nel ristorante da lui gestito. Lo riportano i media dell'arcipelago.

Elicotteri, navi della guardia costiera e membri delle forze armate partecipano alla ricerca, che si espande fino all'isola di Sulu, dove il gruppo islamico radicale Abu Sayyaf - tra i maggiori sospettati del sequestro - ha la sua base. Secondo la polizia, una telecamera di sorveglianza ha ripreso alcuni membri del commando, senza fornire però elementi sufficienti per la loro identificazione.

I rapitori sono stati visti allontanarsi in mare a bordo di un motoscafo. Ma nella zona era ormai calato il buio, e la ricerca delle forze dell'ordine locali non ha portato finora a nessun risultato. Rolando Del Torchio (56 anni) è stato prelevato con la forza nel suo 'Ur Choice Cafe«, il locale che gestiva con successo da anni nel centro di questa città di circa 120mila abitanti. Del Torchio, originario di Angera (Varese), è stato rapito mentre stava tornando in cucina e poi portato via a bordo di un furgone bianco.

Il gruppo di uomini armati, che si erano finti clienti e avevano persino consumato delle pizze, ha puntato dritto verso la costa, per poi dileguarsi. L'ex sacerdote era presente nell'ovest dell'isola di Mindanao da 27 anni, dopo essere arrivato per la prima volta come missionario del Pime. Lavorando a fianco degli agricoltori e pescatori locali, già negli anni Novanta si era attirato addosso gli occhi dei potenti clan della zona, che l'avevano ripetutamente minacciato di morte in seguito alle sue accuse di disboscamento illegale nei loro confronti. Una quindicina di anni fa era addirittura scampato a un attentato: "Alcune persone avevano sparato contro di lui mentre si trovava insieme al vescovo locale", ha raccontato  suo cugino Andrea Del Torchio.

L'italiano aveva dismesso la tonaca nel 1996, complice un calo della fiducia nelle istituzioni ecclesiastiche, e in particolare il turbamento relativo all'emergere degli scandali di pedofilia che iniziavano a coinvolgere esponenti della Chiesa. Del Torchio, che prima di arrivare nelle Filippine aveva collaborato con l'allora cardinale Ratzinger con la gioventù di Napoli, scelse comunque di rimanere a Mindanao, rimanendo attivo nel campo sociale. Successivamente aveva aperto il 'Ur Choice Cafe', un ristorante italiano che si era conquistato i favori della popolazione locale e non solo: «Il migliore della città e tra i migliori a Mindanao», ha scritto un suo cliente in una recensione online.

Nell'isola, la principale del sud dell'arcipelago a grande maggioranza cattolica, è presente una folta comunità musulmana con antiche rivendicazioni per una maggiore autonomia. Tale malcontento è sfruttato da una serie di gruppi separatisti ribelli. Il principale, il Fronte islamico di liberazione Moro (Milf), conta oltre 10mila militanti. Altri gruppi armati sono più che altro bande criminali che si finanziano con estorsioni e rapimenti, specie di stranieri. Tra queste anche Abu Sayyaf, un gruppo radicale islamico che gli Usa considerano legato ad Al Qaeda, ma che negli ultimi anni è stato seriamente indebolito dalle operazioni dei militari filippini. Sui social network, molti filippini sembrano puntare il dito proprio verso questo gruppo. Del Torchio non è il primo italiano vittima di episodi criminosi nel sud delle Filippine. Nel giugno 2007, don Giancarlo Bossi fu rapito da Abu Sayyaf e tenuto sotto sequestro per oltre un mese. Nel 2011 un altro sacerdote, Fausto Tentorio, fu ucciso all'esterno della sua abitazione da un uomo armato non identificato. Un altro missionario del Pime, padre Tullio Favali, era stato ucciso a Mindanao nel 1985.

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