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Iacovino: «Petrolio e reperti archeologici: così l'Isis incassa due miliardi»

Impenetrabile lo Stato Islamico, improponibile persino l' idea di un «bilancio certificato». Si possono solo tentare stime: «Data l' illegalità delle attività economiche- afferma Gabriele Iacovino, coordinatore degli analisti del Centro Studi Internazionali-Cesi di Roma - non si dispone di dati riguardo il volume complessivo di affari del Califfato di Abu Bakr al Baghdadi. È possibile calcolarlo, comunque, in 2 miliardi di dollari l' anno».

L' Isis è stato definito il gruppo terroristico più ricco del mondo. Ma "ricco" quanto?
«Sul piano economico, l' Isis rappresenta un' eccezione rispetto alle altre realtà terroristiche in quanto trae la sua ricchezza non da donazioni esterne, che rappresentano solamente il 5 per cento delle sue entrate, ma dalla gestione diretta di tutte le risorse e degli asset economici presenti nei territori attualmente amministrati. Le diverse attività dina tura illecita includono la vendita sul mercato nero di greggio, il contrabbando di antichi reperti archeologici fino al pagamento di pedaggi e la riscossione di tasse dai cittadini non musulmani».

I giacimenti petroliferi, prima fonte di entrate? Così facile contrabbandare greggio, indisturbati?
«Indubbiamente lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi siriani e iracheni rappresenta l' entrata principale per le casse dello Stato Islamico. Secondo le stime, il Califfato trae da tale attività un guadagno giornaliero di circa un milione di dollari. La vendita avviene attraverso dei contrabbandieri, locali o stranieri, che acquistano il petrolio a circa 30 dollari al barile e lo rivendono a prezzi estremamente concorrenziali sui mercati principalmente di Turchia, Kurdistan e Iran. I traders sfruttano le vie di comunicazione, stradali o navigabili, poste sotto il controllo delle milizie di al-Baghdadi, utilizzano spesso mezzi estremamente rudimentali quali zattere o piccolissime imbarcazioni e sfruttano la porosità dei confini dell' area per entrare inosservati nei territori dei Paesi di interesse».

Siti archeologici devastati, ma anche tantissimi reperti venduti. Possibile stimare qual è il giro d' affari?
«I traffici illegali di reperti archeologici rappresentano un' altra delle principali voci di entrata nei bilanci dello Stato Islamico. Sebbene si tratti sempre di stime approssimative è stato calcolato che il giro di affari si sia attestato attorno ai cento milioni di dollari nell' ultimo anno».
Il califfo promette al mondo un brusco ritor no al passato. Intanto, ha "rilanciato" la tratta delle schiave...
«Il traffico delle schiave rappresenta una pratica che l' Isis ha, ormai, persino regolamentato. Nel novembre del 2014, infatti, il Dipartimento Ricerca e Fatwa dello Stato Islamico ha reso noto un documento intitolato "Domande e risposte sulla presa di prigioniere e schiave" che disciplina lo sfruttamento delle "al-sabi", ovvero delle donne non musulmane catturate nei territori sotto il controllo dell' IS. Il loro "valore" viene stabilito in base a diversi criteri. La castità e l' età rappresentano i canoni più influenti. Anche in questo caso è difficile fornire delle stime sicure sia in relazione all' entità del fenomeno sia in termini economici. Si parla di più di tremila donne catturate e vendute nei bazar solo nella città di Mosul, senza calcolare le migliaia di detenute nelle carceri e sottoposte quotidianamente avio lenze e mutilazioni corporali».

Un capillare apparato amministrativo regge lo Stato Islamico. Uffici delle tasse particolarmente efficienti?
«La presenza di veri e propri organi amministrativi all' interno dei territori occupati dalle milizie di al-Baghdadi rappresenta un ulteriore elemento di differenziazione rispetto alle altre realtà terroristiche. Soprattutto nelle principali città una fitta rete di uffici locali sono preposti all' amministrazione di diversi aspetti, tra i quali quello della riscossione delle tasse».

Gettito?
«Lo Stato Islamico trae beneficio sia dagli introiti derivanti dal pagamento di pedaggi imposti a mezzi e persone, il cui costo varia dai 100 ai 400 dollari, sia dalla riscossione delle tasse a carico dei non musulmani. A questi bisogna aggiungere anche vere e proprie estorsioni imposte ai commercianti locali per mantenere aperte le loro attività».

Molte entrate, ma anche tante uscite. Sempre ben pagati i "foreign fighters"?
«Rispetto agli standard di al-Qaeda, lo Stato Islamico assicura ai combattenti jihadisti una paga nettamente superiore. Secondo le ultime informazioni, il Califfato garantisce ai miliziani non solo un guadagno di circa 400 dollari al mese, a fronte dei 50 versati da al-Qaeda ai tempi dell' Afghanistan, ma anche contributi per il sostentamento di mogli e figli. Riguardo i "foreign fighters", le cifre aumentano fino ad arrivare a 800 dollari mensili».
Per assicurarsi il consenso popolare, il Califfato punta innanzitutto sul sistema assistenziale.

Quanto pesa, anche in termini economici, il "welfare" jihadista?
«Il sistema di edificato all' interno dei territori dello Stato islamico rappresenta sul piano interno una vera e propria forma di propaganda a favore del regime. Anche se non è possibile avere dei feedback dalle aree direttamente occupate, sembrerebbe ormai certo che l' IS riesca a garantire alla popolazione la fruibilità dei servizi essenziali quali cibo, acqua, elettricità, programmi per la salute e l' istruzione investendo in questi settori ingenti risorse».

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