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Piatto dei poveri dal sapore... nobile: tutti i segreti delle sarde "a beccaficu"

PALERMO. Le sarde a beccafico di certo rappresentano l'emblema della tradizione culinaria siciliana. Un piatto dal gusto forte, e che ancora oggi si impone nelle tavole dei palermitani ogni qualvolta se ne presenti l'occasione.

La sua ricetta vanta antiche origini.

Ma perchè si chiamano sarde "a beccafico"?

Il beccafico altro non è che un uccello che vaga in primavera va per le campagne. Si nutre di di fichi dolci appesi agli alberi.

I nobili siciliani erano soliti mangiare questi uccelli, dopo averli a lungo cacciati.

In pratica il piatto era composto dalla carne di questi uccelli, pietanza assai ricercata e che imbandiva le tavole esclusive delle famiglie più ricche.

Da l'altro lato, i meno abbienti volevano creare dei piatti che potessero rappresentarli. Vollero dunque imitare i beccafichi dei più ricchi, inventando così un piatto altrettanto saporito e fatto con ingredienti alla portata di tutti. Uno fra tutti la sarda ripiena alla stessa maniera dei beccafichi, alla quale poi si aggiungono spezie e aromi.

Fu così che a Palermo nacquero le “Sardi a beccaficu”. Esiste una ricetta palermitana e una catanese. Ma di base, le sarde a beccafico non sono altro che teneri involtini di sarde cotte al forno e farcite con un composto di pan grattato, aglio e prezzemolo tritato, uva sultanina, pinoli, sale, pepe e olio d’oliva.

Vanno servite fredde e sono spesso utilizzate come antipasto.

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