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Studio rivela: studenti più bravi a scuola se c'è la settimana corta

ROMA. La controversa settimana scolastica di quattro giorni potrebbe dare buoni risultati fra gli alunni delle elementari, in particolare per quanto riguarda la matematica. A dimostrarlo, confermando l'utilità dell'approccio francese alla scuola primaria che si basa proprio sulla settimana corta, è un team di ricercatori della Georgia State University e della Montana State University.

Lo studio, pubblicato sulla rivista 'Education, Finance and Policy' ha confrontato i punteggi dei test di matematica e di lettura di quarta elementare e quinta elementare per gli studenti che hanno partecipato a una settimana scolastica di quattro giorni, rispetto a quelli che hanno partecipato ad una settimana scolastica tradizionale di cinque. È stato visto che i primi avevano avuto un risultato molto migliore nei punteggi di matematica, mentre quelli relativi alle capacità di lettura non sono stati condizionati. «Pensavamo - commenta Mary Beth Walker, preside della Scuola di Andrew Young Policy Studies presso la Georgia State University - che giornate più lunghe in una settimana scolastica più breve avrebbero peggiorato il rendimento, perchè i tempi di attenzione, soprattutto dei più piccoli, sono brevi. Inoltre, un week-end più lungo avrebbe dato maggiore opportunità di dimenticare quello che avevano imparato». Dai risultati dello studio è poi emerso che una settimana corta abbassi l'assenteismo, sia da parte degli studenti che dei professori.

Una prospettiva, quella della settimana corta, che in Italia però preoccupa molti genitori, e non convince i pediatri.

Secondo Giovanni Corsello, presidente della Società Italiana di Pediatria (Sip): «La scuola è un'esperienza importante anche perchè quotidiana. Ridurre i giorni di permanenza tra i banchi può limitare l'affezione scolastica che si nutre anche di continuità».

Lo studio dell'università della Georgia, prosegue il medico: «E' un'esperienza pilota i cui vantaggi sono legati probabilmente in gran parte alla componente motivazionale. Nel nostro attuale contesto sociale - conclude Corsello - le famiglie non saprebbero dove lasciare i bambini in luoghi sicuri».

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