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Musumeci: «Troppi vuoti tra le scrivanie? i regionali vanno motivati»

«Quella dell'interpello è una pratica sempre più frequente ma con risultati pari allo zero. Può quindi essere sostituita da una diversa procedura che però assecondi vocazioni e competenze dei dipendenti». Nello Musumeci, presidente della commissione Antimafia all'Ars e leader dell’opposizione e della Lista Musumeci, interviene sulla proposta di una riforma della pubblica amministrazione siciliana, lanciata dal presidente dell'Udc, Gianpiero D'Alia sul Giornale di Sicilia. Proposta che segue un nuovo caso di atto di interpello per il personale regionale che non ha fatto registrare le adesioni sperate all'assessorato all'Energia. «Nessuno deve sentirsi tutelato da questo o da quel politico. Tutti devono lavorare per gli obiettivi della Regione. E quindi devono essere tutti motivati - spiega Musumeci-. La prima cosa che bisogna fare è un piano di ricognizione di tutto il personale dipendente».

Secondo lei, serve una riforma che preveda spostamenti obbligatori dei dipendenti regionali?

«Credo che sia importante arrivare a un risultato, lo strumento per arrivarci può essere oggetto di analisi e di studio. Le esperienze recenti sono disarmanti. A febbraio il dipartimento della Pesca cercava 16 esperti per i fondi dell'Unione europea all'interno del proprio apparato. E non ne ha trovati. A giugno credo che si cercassero competenze per il portale dell'apprendistato. E anche in questo caso si è stati costretti a fare ricorso alle consulenze esterne. Nessuno all'interno dell'amministrazione regionale era in condizione di realizzare e gestire il portale per i giovani chiamati a scegliere il corso di formazione».

È mai possibile che su 16mila dipendenti non ci sia nessuno che abbia le competenze richieste?

«È chiaro che chi le ha non lo dice perché vuole restare negli uffici che preferisce. Ma il principio della rotazione e il principio dell'equilibrio, per cui bisognerebbe evitare che alcuni dipartimenti abbiano personale sovradimensionato e altri ne abbiano assai poco, possono essere definiti con una nuova visione dei rapporti con i dipendenti. O attraverso una riforma o attraverso altre iniziative concordate con le organizzazioni sindacali. Io credo che il nodo del problema sia che il personale ha bisogno di essere motivato. Non c'è dubbio che ci sono alcuni dipendenti che stanno da imboscati perché protetti e altri che invece hanno tanto talento e tanta capacità ma vengono tenuti in scarsa considerazione».

Il governo Crocetta, secondo lei, arriverà alla scadenza naturale della legislatura?

«Sarebbe qualcosa di crudele per i siciliani se così fosse. Io credo che la vicenda della presunta intercettazione telefonica non aggiunge e non toglie nulla al fallimento politico di Crocetta. Il problema è politico. Crocetta non ha saputo dare risposte a una sola emergenza. Anche le cosiddette leggi di riforma sono davvero un palliativo. Alcune sono assolutamente inapplicabili. Nel momento in cui si dovrà applicare quella sull'acqua o quella sulle province, ci si renderà conto dei limiti di normative raffazzonate e in alcune parti contraddittorie, dettate soltanto da populismo e demagogia. Quindi Crocetta dovrebbe lasciare a prescindere dall'intercettazione che resta, se vera, un fatto di inaudita gravità».

I debiti della Regione crescono, la prossima programmazione comunitaria porterà meno risorse della precedente. In che direzione andiamo?

«In Sicilia il bilancio regionale non riserva nulla alle politiche dello sviluppo perché ormai non si investe più. E se non ci sono risorse per gli investimenti non si attivano i processi di occupazione, e quindi di sviluppo e di spesa per i consumi. Molte start-up non sono riuscite a sopravvivere ai primi anni di attività e sono state costrette a chiudere perché non riescono a stare sul mercato. La programmazione di fondi europei, gli unici che possono consentire gli investimenti, sono ancora indietro nella loro spesa. Siamo tra le poche regioni d'Italia a non avere ancora chiuso con la programmazione 2007-2013. Nel 2014 la Sicilia ha speso il 56 per cento pari a 2 miliardi e mezzo di euro. Non è poco, ma bisogna capire come sia stato speso questo denaro e se ha creato sviluppo e occupazione. In tutto ciò le esportazioni siciliane sono solo il 2,9 per cento del dato nazionale di cui il 2 per cento assorbito dal prodotto petrolifero. È chiaro che c'è qualcosa che non funziona».

Oltre alle imprese risentono di queste difficoltà anche i Comuni. Perché?

«Le imprese devono scontrarsi anche con i tempi più lunghi di certa burocrazia. A volte per aprire le buste e valutare le istanze non basta un anno, causando un grave danno per l'imprenditore che ha presentato l'istanza. Poi c'è il problema delle infrastrutture pubbliche. Gli enti locali non riescono a concorrere con la spesa a proprio carico perché limitati dal patto di stabilità. Quindi, sono costretti a rinunciare ai fondi comunitari perché non possono investire la parte relativa al cofinanziamento. Ed è un paradosso».

Lei sta lavorando a un progetto politico che si chiama "Diventerà bellissima". In che cosa consiste?

«Dobbiamo archiviare questa esperienza del Crocettismo in Sicilia che è stata devastante. Abbiamo bisogno di andare oltre i partiti. Serve un patto civico aperto alla società, a chi si sente tradito dal proprio partito, a chi non crede che i politici siano tutti uguali e a chi rifiuta la comoda risposta di un'alternativa in termini di populismo sterile, fazioso e che si alimenta della disperazione della gente. È un progetto che parte dai valori del merito, della tolleranza, della solidarietà e della tutela dell'ambiente e dei beni culturali. Si rivolge in particolare a quel 52 per cento di siciliani che da qualche anno non va più a votare».

Quali riscontri avete ottenuto in questi mesi?

«Abbiamo raccolto 140 adesioni di consiglieri e assessori comunali negli ultimi due mesi e siamo convinti di potere riaccendere nella gente la voglia di tornare a fare politica se la politica torna a essere autorevole. Faremo una convention di tre giorni al porto di Catania dal 10 al 12 settembre. Un'occasione per riflettere sulla Sicilia che abbiamo e sulla Sicilia che vorremmo».

 

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