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Sabella: «Roma impreparata a sfide del genere ha negato a lungo la presenza mafiosa»

PALERMO. «Roma è impreparata ad affrontare episodi di questo genere. Adesso però si comincia ad avere consapevolezza della presenza mafiosa sul territorio e le istituzioni vogliono vincere questa sfida». Alfonso Sabella, assessore alla Legalità del Comune di Roma e magistrato siciliano anti-mafia in aspettativa non usa mezzi termini quando parla del funerale show del boss Vittorio Casamonica che è stato celebrato nella Capitale. «Si poteva e si doveva evitare - sostiene -. Se non si è evitato è perché Roma non ha ancora gli anticorpi necessari per comprendere e prevenire cose di questo tipo: l'esistenza della mafia è stata negata fino a pochissimo tempo fa».

Perché non è stato avvertito il parroco del fatto che avrebbe dovuto celebrare il funerale di un boss?

«Il Comune sicuramente avrà avuto la comunicazione di un funerale che è stato sottovalutato in quanto è sembrato un funerale come tutti gli altri. La realtà è che il Comune di Roma e le istituzioni della Capitale non erano preparate a gestire eventi di questo tipo a differenza delle città del sud che invece prestano attenzione a queste vicende. A Roma non ci si aspettava che potesse avvenire un funerale show di questo tipo. Sicuramente bisogna accertare le responsabilità di quello che è accaduto che riguardano un po' tutti, ma più che fare polemiche bisogna riflettere ed interrogarsi. Se si considera poi che qualcuno sapeva, che qualche autorizzazione era stata data, che il parroco non ha ostacolato l'affissione davanti alla chiesa di quel manifesto che è un insulto al buon senso, si deduce che c'è stata tutta una serie di errori»

Chi avrebbe dovuto impedire l'affissione del poster sulla chiesa?

«Questo era un compito esclusivamente del parroco, soprattutto per la blasfemia insita in quel manifesto. Se lo avesse saputo in tempo, anche l'autorità di pubblica sicurezza avrebbe potuto vietare quell'affissione per ragioni di ordine e sicurezza pubblica. Questo è chiaro. Il questore aveva dei poteri. Ma il problema è che al questore la notizia non gli è neppure arrivata, perché la notizia non è stata valorizzata da chi l'ha ricevuta. A Roma non si è abituati a farlo. Nessuno aveva gli strumenti e la sensibilità necessaria per cogliere la particolarità e la gravità di quest'evento».

Che cosa testimonia questo episodio?

«Questo fatto non doveva accadere, poteva e doveva essere vietato ma fa capire che alcune forme di mafia hanno preso controllo di una parte del territorio romano. Dopo questo fatto Roma non potrà più negare che nel suo territorio esistono organizzazioni di tipo mafioso e che agiscono con i loro rituali e modi tipici. In Sicilia conosciamo bene queste situazioni. Ad esempio, al funerale di Luciano Liggio c'erano venti persone di cui dieci giornalisti e nove carabinieri, perché nel '93 si è riusciti a gestire quell'episodio nel modo in cui bisognava gestirlo. Ed è stato possibile perché avevamo gli anticorpi necessari. Roma questi anticorpi ancora non ce li ha. Ma da questo momento in poi comincerà a crearseli».

Alla luce della sua esperienza di magistrato anti-mafia, come legge i dettagli della cerimonia funebre in stile «Padrino» che si è svolta davanti alla chiesa di San Giovanni Bosco, nel quartiere di Cinecittà?

«La Roll Royce è la vettura solitamente utilizzata per tutti i matrimoni dei boss di Cosa nostra, mentre i funerali dei capi mafia degli anni '60 e '70 vedevano sempre presenti cavalli bardati di ottone che trainavano il carro funebre. Anche Leoluca Bagarella aveva scelto come sottofondo musicale per il video delle sue nozze la musica de Il Padrino. L'elicottero che pare una novità è chiaramente finalizzato a una ulteriore spettacolarizzazione di un evento doloroso per dimostrare ai “sudditi” la potenza e la ricchezza del defunto Re e dei suoi principi ereditari e per marcare la capacità del sodalizio di agire come se non solo la terra ma anche il cielo della Capitale sia cosa loro».

Il parroco sostiene che rifarebbe il funerale. Che cosa ne pensa di quest'affermazione?

«Non si può certamente impedire un funerale, soprattutto di una persona libera, ma si può evitare che diventi un momento di affermazione e spettacolarizzazione del potere criminale. Il parroco non poteva rifiutarsi di celebrare quel funerale, ma poteva farlo in condizioni diverse e poteva in ogni caso anche informare l'autorità di pubblica sicurezza nel momento in cui ha capito quale forma stava prendendo quel rito. Forse si sarebbe attivata una serie di meccanismi che magari non avrebbero impedito che il funerale si svolgesse, ma avrebbero fatto sì che non si svolgesse con queste modalità di spettacolarizzazione e di ostentazione di potere e ricchezza».

Da otto mesi lei è assessore alla Legalità nella giunta Marino, in questo periodo si è certamente fatto un'idea dello stato delle cose a Roma. Qual è?

«Io credo che adesso a Roma ci sia la consapevolezza che esistono le mafie. Non c'è più, ad esempio, un prefetto che fino al 2013 ne ha negato la presenza. Le istituzioni poi sono sane, non presentano più infiltrazioni da parte della criminalità organizzata. È cominciato un momento di risveglio delle coscienze e le istituzioni vogliono combattere e vincere questa sfida contro le mafie».

Le mafie che operano a Roma sono mafie importate o autoctone?

«A Roma ci sono delle organizzazioni di tipo mafioso che controllano pezzi di territorio. Questo è emerso soprattutto grazie all'opera della magistratura ma anche tutte le altre istituzioni ora stanno facendo il loro lavoro al meglio. Un dato che è stato rilevato è che non c'è una sola organizzazione mafiosa sul territorio, non c'è una cupola che controlla tutta la città. Ci sono invece alcune mafie importate e altre autoctone. Quello che resta della banda della Magliana è un esempio di mafia autoctona, Mafia Capitale è anche un fenomeno mafioso nato a Roma. La mafia dei Casamonica e dei Fasciani invece sono mafie importate dall'Abruzzo. Sono state accertate anche presenze fortissime di 'Ndrangheta. Abbiamo avuto esponenti di Cosa Nostra e fenomeni di Camorra con Michele Senese. Ci sono tante mafie importate e tante che hanno avuto un humus fertile a Roma, soprattutto nelle zone più degradate della città».

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