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Le regole della cosca per i «pizzini»: occorre leggerli e distruggerli subito. Mai scrivere nomi

Dai biglietti con i nomi in codice ai conti svizzeri: ecco tutti i sistemi per proteggere Matteo Messina Denaro

PALERMO. Il fermoposta trapanese del boss ha regole molto semplici. I pizzini vanni letti e distrutti subito, niente nomi e cognomi ma solo pseudonimi conosciuti soltanto dagli affiliati più stretti, niente cellulari, massima cautela negli spostamenti. Ma lo stesso Messina Denaro sa che non basta. Dei suoi complici si fida solo fino ad un certo punto.

Ad iniziare da Vito Gondola il nuovo/vecchio boss di Mazara del Vallo, con precedenti penali che risalgono addirittura al sequestro Corleo, parente degli esattori Salvo, mai più ritrovato. Che in una conversazione intercettata dagli inquirenti finisce per ammettere quasi ridendo: «non si fa vedere mai perché sta troppo...troppo guardingo...non si è sentito più...ma non si sente neanche con me». Eppure l’anziano capomafia mazarese è ritenuto il capo della filiera, colui che aveva il delicatissimo compito di smistare i messaggi da e per il boss, il punto di riferimento nel sistema delle comunicazioni. I magistrati ne tracciano un profilo molto chiaro.

«Le complesse indagini svolte hanno consentito il progressivo disvelamento dell’articolata attività di raccolta e di conferimento presso Gondola - si legge nell’ordinanza di custodia del gip Maria Pino -, anziano esponente di vertice della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, dei pizzini destinati al Messina Denaro ed hanno altresì accertato la periodica ricezione, da parte dei sodali in libertà, dei pizzini che il medesimo latitante ha provveduto ad inviare». Particolare da sottolineare: in quasi due anni di indagini, gli investigatori non sono mai riusciti ad intercettare uno solo dei pizzini destinati al latitante.

Hanno registrato discussioni, ripreso movimenti, ma nessuno ha mai potuto leggere un solo pezzo di carta. Però qualcosa sappiamo. Ad esempio la corrispondenza era «soggetta a predeterminate rigide scansioni temporali», scrivono i magistrati. Grosso modo c’erano quattro spedizioni all’anno, con relative risposte. Una conversazione tra Vito Gondola e Michele Gucciardi, reggente della cosca di Salemi, fornisce qualche particolare. Gondola a Gucciardi: «A quindici giorni...oggi ne abbiamo due...uno...trentuno...perciò giorno 16, giorno 15 noi ci dobbiamo vedere». Gucciardi a Sergio Giglio: «Entro il 15 queste cose devono partire destiniamo la data per buono, il 14 va bene...Il 14, alle case là dove ci sono le olive...tu a Mimmo gli fai sapere che entro il 15 … prima...no giorno 15, prima di giorno 15 si deve incontrare con lui...». Gucciardi a Gondola: «Noialtri eravamo rimasti per giorno 10 e io là avevo scritto dal 13 al 16 per...».

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