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Dal 1865 ferri disinfettati: i 150 anni della chirurgia moderna

ROMA. Appena centocinquant'anni fa gli strumenti chirurgici passavano di paziente in paziente senza nessuna pulizia. Questo fino appunto all'agosto del 1865, quando Joseph Lister, chirurgo britannico, iniziò ad usare l'acido fenico come disinfettante, facendo da spartiacque tra un momento in cui c'era chi chiedeva di bandire la chirurgia dagli ospedali e un'era che ora vede addirittura i robot in sala operatoria.

Lister è stato definito dal Royal College of Surgeon britannico 'il padre della chirurgia moderna', e si deve a lui anche il gesto di entrare in sala operatoria con le 'mani in altò familiare agli appassionati di medical drama.

Il suo lavoro è stato anche fonte di ispirazione per la serie 'The Knick', che parla di un chirurgo dei primi del '900. Lister intuì che a causare la morte di metà dei pazienti operati, anche nel caso in cui l'operazione era stata un successo, fossero appunto i germi, e decise di usare l'acido fenico, che allora veniva usato per la disinfezione delle fognature, per pulire le ferite e gli strumenti chirurgici nella riduzione di una frattura esposta in un bambino di sette anni.

«È sicuramente un momento fondamentale nella storia della chirurgia - commenta Ludovico Docimo, ordinario di chirurgia generale della Seconda Università di Napoli -, che va unito a quello, molto tempo dopo, in cui si è iniziato adare al paziente gli antibiotici per evitare le infezioni post intervento. Oggi ovviamente il problema è molto minore sia perchè si usano strumenti monouso sia perchè abbiamo dei mezzi che ci permettono di capire prima dell'intervento se i ferri sono stati sterilizzati».

Grazie al lavoro di Lister, descritto poi su Lancet nel 1867, la mortalità chirurgica scese dal 50% al 17%. Da quegli anni la disinfezione è ovviamente molto migliorata, anche se quello delle infezioni ospedaliere rimane un problema da 37mila morti l'anno in europa. «Una piccola quota di infezioni ospedaliere deriva ancora da processi di disinfezione degli strumenti non del tutto appropriata - spiega Vincenzo Puro, responsabile UOC Servizio prevenzione e protezione dell'Istituto Spallanzani di Roma -. Però la questione principale negli ospedali ora è combattere le infezioni associate a pratiche sanitarie legate a procedure invasive, ad esempio legate all'uso di cateteri, che sono decisamente aumentate. Da qui l'enfasi che si mette su alcuni aspetti come l'igiene delle mani».

Oltre a quello legato all'opera di Lister, quest'anno segna diversi anniversari importanti per la chirurgia. Quarant'anni fa ci fu il primo intervento in laparoscopia, la chirurgia che prevede solo piccole incisioni, mentre il primo ingresso di un robot in sala operatoria risale al 1985, dieci anni più tardi.

«L'evoluzione è continua e sempre più veloce - conferma Docimo, che è presidente della Società Italiana dei Chirurghi Universitari -, si pensi ad esempio a come fermiamo il sangue durante un'intervento, un aspetto critico per un chirurgo. Prima si usava un laccio per legare i vasi, ora abbiamo degli strumenti che usano radiofrequenze e ultrasuoni, oltre a delle creme che applicate sul vaso fermano l'emorragia. Questo ci permette di spingere sempre più in là i nostri limiti, un po' come una nuova tecnologia per il cambio o lo sterzo permette di realizzare auto sempre più veloci».

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