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Pressione fiscale, + 22% in tre anni. L'allarme della Corte dei conti: "I Comuni sono al limite"

Tra il 2010 e il 2014, i Comuni hanno subito tagli per circa «8 miliardi», compensati da «aumenti molto accentuati» delle tasse locali

ROMA. Tra il 2010 e il 2014, i Comuni hanno subito tagli per circa «8 miliardi», compensati da «aumenti molto accentuati» delle tasse locali «per conservare l'equilibrio in risposta alle severe misure correttive del governo».

Così la Corte dei Conti nella relazione sulla finanza locale. Oggi il peso del fisco è «ai limiti della compatibilità con le capacità fiscali locali».

«Sul fronte delle entrate - si legga in premessa nella relazione - il radicarsi di un meccanismo distorsivo, per cui il concorso degli Enti locali agli obiettivi di finanza pubblica pesa, in ultima istanza, sul contribuente in termini di aumento della pressione fiscale, trova origine nei pesanti e ripetuti tagli alle risorse statali disposti dalle manovre finanziarie susseguitesi dal 2011, cui fa eco il cronico ritardo nella ricomposizione delle fonti di finanziamento della spesa, necessaria per garantire servizi pubblici efficienti ed economici.

Ciò aggrava e rende permanente l'inefficienza delle gestioni, nonostante l'incremento consistente delle entrate proprie (+15,63% rispetto al 2013) che fa crescere l'autonomia finanziaria oltre la soglia del 65% ed assorbe la diminuzione progressiva e costante dei trasferimenti (-27,29%)».

I magistrati contabili osservano anche che «la crescita dell'autonomia finanziaria degli enti, tuttavia, non sembra produrre benefici effetti nè sui servizi, nè sui consumi e sull'occupazione locale, in assenza di una adeguata azione di stimolo derivante dagli investimenti pubblici» e che «andrebbe dunque recuperato il progetto federalista che lega la
responsabilità di 'presà alla responsabilità di 'spesà, realizzando una necessaria correlazione tra prelievo ed impiego».

Progetto «a cui è sicuramente funzionale la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, necessaria per superare definitivamente il criterio della 'spesa storicà, ma che i più recenti interventi normativi non sembrano sostenere adeguatamente, andando nella direzione di una maggiore flessibilità dei bilanci, di una effimera ricostituzione della liquidità con oneri di rimborso a lunghissimo termine e di un alleggerimento degli oneri connessi alla neonata disciplina dell'armonizzazione contabile».

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