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Epatite C, sì al nuovo farmaco ma solo ad un terzo dei malati

ROMA. Solo uno terzo dei malati di Epatite C ha avuto accesso ai nuovi farmaci salvavita, ovvero 14.000 su circa 50 mila considerati più gravi. Un numero che continua a salire ma è ancora basso e, soprattutto, risente di drammatiche disparità regionali. Ad avere maggiormente accesso alle cure sono infatti i malati che risiedono al Nord, dove l'incidenza dei contagiati è inferiore. A fare il punto è l'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), chiamata a riferire in commissione Sanità del Senato sulla sostenibilità delle nuove costosissime cure che permettono l'eradicazione del virus HCV con un trattamento di tre settimane. Trattamento a carico dello Stato, che è riuscito, però, a risparmiare il 22% sul prezzo di acquisto.

«Due miliardi e mezzo di euro, questo quello che risparmieremo nei prossimi 24 mesi con la strategia negoziale sui prezzi condotta da Aifa. Fino ad ora sono stati già risparmiati 130 milioni nei primi sei mesi dell'anno», ha riferito Luca Pani, direttore dell'Agenzia regolatoria, in merito alle trattative portate avanti con le aziende produttrici. Risparmi importanti nel momento in cui fra i malati era sorta preoccupazione che il fondo di 1 miliardo di euro previsto dal Ministero della Salute per finanziare la maxi spesa per la cura dell'Epatite C, venisse utilizzato per scopi differenti o non risultasse sostenibile nei prossimi anni. Intanto però il problema resta il diverso accesso alle cure che «pone il nostro paese a rischio di disparità sociale» secondo il Sergio Pecorelli, presidente dell'Aifa.

«Le regioni del Nord hanno più facile accesso alle cure e, di conseguenza, ai rimborsi dovuti al meccanismo di risparmio prezzo-volume», ha riferito Pani. Ovvero più malati curati, più risparmi in proporzione. L'Emilia Romagna, ad esempio ha già avuto 6 milioni di euro di rimborsi, la Lombardia 10. Sardegna e Sicilia, invece, solo poco più di 500.000 euro. «La politica dovrà agire e anche le regioni devono aiutarci a dare pari opportunità ai cittadini in condizioni di bisogno ad accedere al farmaco», commenta la presidente della Commissione Igiene e sanità del Senato Emilia Grazia De Biasi (Pd). La questione chiama in causa la politica. «Cosa possiamo fare - chiede Luigi d'Ambrosio Lettieri (Cri) - per dare una risposta più adeguata, scongiurando il rischio che si aprano corridoi che portino al pagamento privato da parte dei pazienti?».

Il tema dell'accesso a cure molto costose, in tempi di spending è quanto mai attuale. Tanto più in vista delle cure innovative che arriveranno nei prossimi anni. La negoziazione dei farmaci contro l'Epatite C, secondo Pecorelli Aifa, «servirà in futuro per portare avanti trattative simili per costosi farmaci che arriveranno per il trattamento di malattie oncologiche e non».

Una trattativa condotta però in via 'confidenziale', suscitando anche critiche. «In tempi in cui la trasparenza è un grande principio cui uniformarsi, la negoziazione secretata su prezzo con cui il Servizio Sanitario Nazionale acquista dalle aziende i nuovi farmaci contro l'Epatite C è un vulnus grave» per Nerina Dirindin (Pd), relatrice dell'indagine conoscitiva condotta dalla Commissione sulla Sostenibilità del Ssn. L'accordo confidenziale, ha specificato Pani «ci permette di utilizzare i soldi del contribuente dandogli il massimo valore, ovvero acquistando il massimo dei beni al minimo del prezzo».

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