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Intercettazione, indagati i giornalisti dell’Espresso: "Notizie false"

PALERMO.  A meno di due settimane dal presunto giallo dell'intercettazione tra il governatore siciliano Rosario Crocetta e il chirurgo plastico dei vip Matteo Tutino, la svolta arriva dalle indagini. La Procura di Palermo, che dopo la pubblicazione su L'Espresso della notizia della conversazione shock tra il politico e il suo medico di fiducia, ha più volte smentito l'esistenza della telefonata in cui Tutino avrebbe augurato all'ex assessore alla Salute Lucia Borsellino di saltare in aria come il padre, ha iscritto nel registro degli indagati gli autori del pezzo: i giornalisti palermitani Piero Messina e Maurizio Zoppi.

Entrambi hanno ricevuto un avviso di garanzia in cui si ipotizza il reato di diffusione di notizia falsa. Per Messina c'è anche la contestazione più grave di calunnia. Avrebbe indicato la fonte della rivelazione in un investigatore che, però, avrebbe smentito tutto. I due cronisti, al cui fianco si è schierato il settimanale che, nonostante le dichiarazioni del capo dei pm Francesco Lo Voi, ha ribadito l'esistenza dell'intercettazione, sono stati interrogati oggi in Procura. Nel pomeriggio si sono presentati, insieme all'avvocato Fabio Bognanni, al palazzo di giustizia. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, davanti al procuratore e all'aggiunto Leonardo Agueci.

Da Vulcano, intanto, dove sta trascorrendo le vacanze, Crocetta ha ribadito l'inesistenza della telefonata: «Non hanno nessuna registrazione. - ha detto - Quello che hanno fatto a me è terribile». Dichiarazioni più sobrie di quelle rilasciate a caldo, dopo la pubblicazione della notizia: allora il governatore aveva confessato di avere pensato al suicidio e di avere desistito solo dopo avere saputo della smentita della Procura. Dopo giorni di esternazioni accorate e di accuse di tentativo di golpe a mezzo stampa, Crocetta ha anche pensato a un'azione legale contro L'Espresso. In una conferenza stampa, il suo avvocato, Vincenzo Lo Re, ha annunciato una richiesta di risarcimento danno di 10 milioni di euro contro il settimanale.

Per giorni la notizia dell'intercettazione ha scatenato roventi reazioni politiche e gli echi della presunta telefonata sono risuonati anche alla cerimonia di commemorazione della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino. Dal palco, il figlio del magistrato ucciso, che si è lanciato in una accorata difesa della sorella «lasciata sola» dalle istituzioni regionali, ha fatto cenno alla telefonata chiedendo che sul caso i magistrati andassero a fondo.

Una sollecitazione venuta anche dai fratelli del giudice assassinato. A smentire l'esistenza della conversazione non è stata solo la Procura di Palermo dopo avere rivisto tutto il materiale di indagine a sua disposizione, ma anche, a ruota, i magistrati di Caltanissetta e Messina che, indirettamente tirati in ballo dal ministro dell'Interno Alfano, il quale aveva ipotizzato che altri uffici inquirenti potessero esserne in possesso, hanno seccamente negato. I due giornalisti indagati dovranno rispondere ora anche all'Ordine siciliano che, in una nota, ha annunciato di averli convocati per avere chiarimenti.

IL LEGALE DI GIORNALISTI: "NESSUNA RIVELAZIONE DELLA FONTE" - “Piero Messina non ha mai messo a verbale avanti ad alcuna autorità giudiziaria notizie sulla fonte. Non solo ma non ha mai inviato ad alcuna autorità giudiziaria alcuna relazione. Messina è stato sentito per la prima volta ieri dall’autorità giudiziaria in qualità di persona sottoposta ad indagine e lì si è avvalso della facoltà di non rispondere come anche il collega Maurizio Zoppi”. Lo dice l’avvocato Fabio Bognanni del foro di Palermo che difende i due giornalisti nella vicenda sulla pubblicazione dell'intercettazione di una presunta conversazione tra il presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, e il suo medico Matteo Tutino.

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