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Il legale di Crocetta: valutiamo azioni contro L'Espresso

PALERMO. "Stiamo valutando tutte le azioni legali opportune e necessarie a tutelare l'onorabilità del presidente Crocetta e a risarcirlo del danno morale subito". Annuncia azioni legali contro il settimanale L'Espresso l'avvocato Vincenzo Lo Re, difensore del governatore siciliano Rosario Crocetta. Il riferimento è alla notizia, pubblicata dal giornale e smentita dalla Procura di Palermo, dell'esistenza di un'intercettazione tra Crocetta e il medico Matteo Tutino in cui quest'ultimo avrebbe detto, riferendosi all'ex assessore alla Sanità Lucia Borsellino, che avrebbe dovuto fare "la fine del padre".

Il direttore dell'Espresso: telefonata c'è, fatte verifiche. "Sia chiaro: quella telefonata - orrenda, imbarazzante - esiste. Purtroppo. 'L'Espresso' non ha inventato nulla, non ha aggiunto nulla e non ha nascosto nulla. Ha avuto una notizia, l'ha verificata e l'ha pubblicata. Del tutto indifferente a eventuali strumentalizzazioni politiche". Luigi Vicinanza, direttore de "L'Espresso", interviene sul sito internet del settimanale per ricostruire e spiegare la vicenda dell'intercettazione Tutino-Crocetta pubblicata sull'ultimo numero, ribadendo che quella conversazione c'è stata.

Sempre a proposito della telefonata, il direttore dell'Espresso scrive: "I nostri cronisti a Palermo l'hanno ascoltata e ne hanno verificato l'autenticità con diverse fonti di tutti gli ambienti investigativi. E dopo l'arresto di Tutino con l'accusa di aver truffato il servizio sanitario regionale, avvenuto il 29 giugno scorso, l'autenticità di quella conversazione è stata nuovamente verificata. Solo dopo tutte questi controlli è stata pubblicata sul nostro giornale".

"Già in passato - aggiunge a proposito della posizione della procura - per tutelare il segreto di inchieste relative a cariche istituzionali, la procura di Palermo ha smentito rivelazioni de 'l'Espresso' che poi si sono dimostrate vere. Come quando anticipammo la notizia dell'iscrizione dell'allora presidente del Senato Renato Schifani nel registro degli indagati: la procura negò. Trascorsero mesi, la notizia si rivelò fondata. Nella complessa e frastagliata realtà siciliana, capita a volte a un giornale - conclude Vicinanza - di dover raccontare verità scomode e diverse da quelle ufficiali".

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