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La dimora estiva dei re, spazio fuori dal tempo: un’oasi di arte e natura circondata dal... traffico

PALERMO. Quartiere Zisa: auto incolonnate, clacson impazziti, motorini che sfrecciano sui marciapiedi. Percorrendo via dei Normanni oppure via Whitaker, però, d’improvviso si arriva in un angolo di paradiso. È il Castello della Zisa, incoronato dall’Unesco patrimonio dell’umanità insieme agli altri siti del percorso arabo-normanno. Altra cosa rispetto ai monumenti situati nel centro storico della città come la Martorana, San Cataldo o San Giovanni degli Eremiti, ancora Palazzo dei Normanni e la Cattedrale. Qui siamo un po’ nella «periferia» dell’itinerario. Varcato il cancello, solo silenzio e pace. Si sente il cinguettio dei passerotti e da lontano le voci allegre dei bambini che giocano nel parco. Di fronte al Castello, infatti, c’è un giardino di proprietà comunale, nella parte anteriore c’è un parco agricolo coltivato da privati. Un polmone d’ossigeno, dunque, proprio quello che cercano i turisti. Anche se ieri se ne sono visti pochi.

Qualche spagnolo fino a metà mattina, sarà perché hanno approfittato tutti della domenica appena trascorsa: essendo stata la prima del mese, infatti, ha garantito l’accesso gratuito ai visitatori. «Domenica c’è stata una buona affluenza - dice Loredana Sacco, uno dei custodi -, abbiamo staccato più di 260 biglietti. Il castello si può visitare tutti i giorni dalle 9 alle 18.30, orario dell’ultima visita, e il biglietto ha il costo di 6 euro». La Zisa, costruita nel periodo della dominazione normanna, originariamente era la dimora estiva dei re, creata nelle vicinanze della città per il riposo e lo svago. «Lavoro qui da 22 anni e appena ho appreso la notizia dell’Unesco mi si è riempito il cuore di gioia - dice Claudio Cerasola, anche lui custode -. Di gente ne ho vista passare, ma speriamo che adesso ci sia più affluenza». Altri dipendenti ci raccontano che in primavera il castello è meta ambita delle scuole per viaggi di istruzione; durante gli altri mesi, soprattutto in estate, arrivano i viaggiatori dalle navi da crociera. «Il riconoscimento gratifica tutto il lavoro del dipartimento Beni culturali della Regione siciliana che - afferma Maria Elena Volpes, soprintendente per i Beni Culturali - ha voluto fortemente questa candidatura, riuscendo a mettere insieme i comuni e le rispettive curie di Palermo, Cefalù e Monreale. Credo che abbia un’importante ricaduta economica per la nostra città, ma rappresenta anche un maggiore impegno in termini di manutenzione, messa in sicurezza e sistemazione di alcune parti il cui restauro risale al 1990».

Traguardo raggiunto, candidatura Unesco diventata vittoria, ma si guarda già al futuro: «Il nostro lavoro continua - aggiunge Volpes -, perché l’obiettivo che abbiamo intrapreso è quello di fare entrare nell’itinerario arabo-normanno altri monumenti storici, come per esempio Maredolce e la Cuba». Fuori, tra ficus e pini si respira aria pura. Dentro ci si immerge in quella che era l’incantevole vita dei sovrani del XII secolo. Il primo piano era l’appartamento reale da dove le donne sbirciavano, attraverso una «musharabia» (porta interna su disegno in legno o in pietra) le feste che facevano i mariti nella cosiddetta Sala Fontana. «Ci sono bronzi, anfore di terracotta, oggetti di arte islamica, tutto ciò che richiama il clima arabo-normanno - riferisce Lina Bellanca, responsabile della sezione Beni architettonici della Soprintendenza -. Questo premio - aggiunge - ha incuriosito anche i palermitani che negli ultimi giorni sono venuti a visitare la Zisa. Adesso pensiamo a mettere in funzione la “peschiera” e sarebbe bello rendere percorso di visita anche le terrazze che attualmente non sono sicure». C’è una bizzarra leggenda che fa breccia nel cuore dei turisti. Proprio nella parte interna della volta sopra la Sala della fontana, che sarebbe il luogo di rappresentanza, ci sono affreschi dell’epoca successiva ai normanni che sembrano «diavoletti»: 18, 20 o 22, non si sa quanti sono. «Probabilmente saranno stati realizzati quando il luogo passò ai privati - spiega Bellanca -. Nel contarli non si riesce mai a trovare il numero esatto». Sarà il mito o sarà la contaminazione tra popoli stratificata nelle opere d’arte presenti, poco importa. Senza dubbio, però, la Zisa è un luogo affascinante e misterioso... Tutto da scoprire.

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