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Carlotta Sami: «Frontiere chiuse, non si respinge il problema verso il paese più vicino»

Spiega che il fenomeno delle migrazioni sta cambiando volto: «Oggi in migliaia fuggono dalle guerre, in Iraq come in Siria. Ecco perché c' è un aumento di viaggi via mare odi flussi di chi anche a piedi vuole raggiungere l' Europa».

Dice che malgrado le divisioni interne all' Unione Europea è «ottimista» per il modo in cui sta affrontando in queste ore l' emergenza migrazioni che è «complessa e merita risposte coordinate». Anche sulla specificità tutta italiana del malaffare e della corruzione che sta dietro il dramma dei migranti è netta: «È un fenomeno spregevole». Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell' Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), vive in prima linea da tempo l' ormai cronica emergenza migranti. Da italiana, è milanese di nascita, ha anche le idee chiare sull' inchiesta «mafia capitale» e sul business sporco che si nasconde dietro l' accoglienza e l' assistenza di migliaia di disperati.

L' Unione Europea in queste ore sta definendo un intervento corale sul tema delle migrazioni. Ci sono divisioni e passi avanti. Che idea si è fatta?
«L' agenda Europea è un insieme di azioni fra loro complementari. Poiché la situazione attuale è frutto di flussi diversi di persone che si muovono contemporaneamente, è positivo che l' Ue si stia muovendo per fronteggiare in più azioni questo diverso modo di fuggire».
Già, i migranti non sono tutti uguali...
«Ci sono flussi di persone che vengono da paesi dove ci sono conflitti e per i quali è prevista la concessione dello status di rifiugiato: penso alla Siria, all' Eritrea, alla Palestina. Poi ci sono i migranti economici, gente che viene in Europa e lascia situazioni di povertà. In caso di rimpatrio vanno aiutati in modo diverso. Per i migranti economici l' agenda dell' Ue prevede interventi legati allo sviluppo dell' agricoltura e delle altre attività economiche nei paesi di provenienza, che sono il Niger, il Senegal, il Gambia, dove ci si confronta con problemi legati allo sviluppo rallentato. Anche questi sono migranti che hanno diritto ad essere accolti, ma i rimpatri devono avvenire nel rispetto dei diritti umani e della dignità della persona».

L' Alto commissariato dell' Onu come giudica quest' agenda dell' Ue?
«Il lavoro della diplomazia è difficile, ma non bisogna disperare. Anche se i processi dell' Ue sono purtroppo lenti, sappiamo che c' è la determinazione ad affrontarli. Noi cercheremo di far capire a tutti i paesi dell' Ue che approvare un' agenda di interventi è la soluzione migliore. Non gestire questo momento storico sarebbe gravissimo».
Nell' Unione Europea ci sono paesi che fanno maggiore resistenza a ospitare migranti...
«Ogni Stato membro ha motivi diversi per non voler aprirsi, non vorrei mettere le crocette sopra la cartina geografica... I paesi baltici sono in difficoltà perché hanno già una loro fetta di migrazione interna. L' Inghilterra fa molto dal punto di vista degli aiuti umanitari all' estero ma ha un rallentamento sulle aperture interne.
I passi avanti sono stati fatti. L' Ue ha definito criteri importanti per stabilire quote di ospitalità: ci si basa sul pil, sulla popolazione, sulla percentuale di disoccupazione. Insomma, si tiene conto delle difficoltà dei singoli paesi. E da questa ripartizione della ricollocazione sono state escluse Grecia e Italia che già ospitano tante persone e in vista di altre che ne arriveranno».

La Francia ha bloccato da poche ore la frontiera a Mentone. A Ventimiglia, sul versante italiano, è caos migranti. È una scelta giuridicamente lecita quella francese?
«Stiamo valutando la situazione di questi riaccompagnamenti di migranti dalla Francia in Italia, non c' è al cun provvedimento ufficiale di sospensione del trattato di Schengen. Ma anche dall' Austria verso l' Italia e dalla Svizzera verso l' Italia c' è stato uno stop. Un fatto che preoccupa: non si respinge il problema verso il paese più vicino».

L' emergenza migranti sembra essersi spostata dal mare alla terraferma: è legittimo, come fanno alcuni, temere un' invasione stabile in Italia?
«Gli arrivi via mare dalla Libia verso l' Italia hanno avuto finora un trend abbastanza simile a quello dell' anno scorso, si è registrato a maggio un aumento contenuto del 15 percento. La differenza è data dalla composizione diversa dei paesi d' origine dei migranti. In questo momento Iraq e Siria sono i paesi da cui si fugge di più. Prendiamo la Siria, al quinto anno di guerra: ci sono aiuti in loco per 12 milioni di siriani, mentre 4 milioni sono assistiti fuori dai confini. I rifugiati siriani che in passato arrivavano dalla Libia ora fuggono dalla Grecia. Nei giorni scorsi ne ho incontrati tantissimi: sono appena scappati, hanno ancora le ferite della guerra. Dalla Turchia arrivano in Europa passando dalla Grecia, dove peraltro, non c' è alcun sistema di accoglienza. La via che conduce in Europa dalla Siria ha visto crescere di sei vol teil numero di chi fugge via terra».

Pensiamo all' inchiesta di Roma sulla gestione dei centri di accoglienza, come quello di Mineo. Come evitare il ripetersi di scandali simili?
«Quello che sta emergendo in questi mesi lo abbiamo definito in modo chiaro: un "fenomeno spregevole".
Ma quel che sorprende è che in tutto il dibattito politico interno si cerchi di fomentare gli italiani contro gli immigrati e non contro i corrotti. Gli italiani dovrebbero capire che i soldi sono risorse dello Stato italiano che devono essere usate bene e non rubate. Per ogni migrante sono destinati 30 euro al giorno, eppure c' è chi non riceve niente o ha servizi scadenti o nulli. Aggiungiamo che una cattiva accoglienza genera fenomeni di non integrazione dannosi...».

Dando per scontato che l' accoglienza deve continuare: come si può fermare il furto di queste risorse?
«Mettendo in piedi un sistema di governance. Un meccanismo di controllo centrale collegato con i livelli locali, penso alle prefetture. Informatizzando i controlli sulle forniture e sull' erogazione dei soldi, registrando ogni passaggio di acquisto e distribuzione dei beni. E poi evitando di realizzare grandi centri che danno ospitalità a centinaia di persone. Noi siamo favorevoli alla creazione di centri piccoli, ben inseriti nei territori, dove far lavorare le professionalità che ci sono nei territori. Così si può trasformare un business per pochi in occasione di lavoro, in impresa sociale. E dare tante opportunità ai molti che in Italia hanno qualifiche e competenze».

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