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Contratti a tempo indeterminato in aumento, scendono i licenziamenti

Nei primi tre mesi del 2015 le assunzioni complessive a tempo indeterminato sono state 552.665 (superiori del 24,6% rispetto a quelle registrate nel primo trimestre del 2014) a fronte di 475.854 cessazioni, con un saldo positivo quindi di 76.811 contratti stabili

ROMA Aumentano le assunzioni con contratto a tempo indeterminato (+24,6%) e diminuiscono i licenziamenti (-12,1%): nel primi tre mesi del 2015 - secondo i dati del Sistema delle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro pubblicati oggi - sembrano avere effetto non solo gli sgravi contributivi previsti dalla legge di stabilità ma anche un accenno di ripresa economica che ha portato in questo trimestre i licenziamenti per la prima volta sotto quota 200.000 dal primo trimestre 2012. Intanto entro mercoledì sono attesi in Consiglio dei ministri gli ultimi decreti attuativi del Jobs act, tra i quali quello sulla riforma degli ammortizzatori sociali. «Abbiamo un limite massimo - ha ricordato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti - quello di presentarli alle Camere entro lunedì prossimo. Lo sforzo che abbiamo fatto è di completare la delega entro sei mesi, non credo che si sia sempre fatto».

Nei primi tre mesi del 2015 le assunzioni complessive a tempo indeterminato sono state 552.665 (superiori del 24,6% rispetto a quelle registrate nel primo trimestre del 2014) a fronte di 475.854 cessazioni, con un saldo positivo quindi di 76.811 contratti stabili. Le assunzioni complessive (comprensive quindi di contratti a tempo determinato, apprendistato, collaborazioni ecc)sono state oltre 2,57 milioni (+3,8%) a fronte di 1,96 milioni di cessazioni (+3,4%). Il saldo è elevato perchè le cessazioni (soprattutto dei contratti a termine) si concentrano alla fine dell'anno. Dal lato delle 'uscitè dal mondo del lavoro il ministero sottolinea il calo della voce cessazione attività (-21% sullo stesso periodo del 2014) e quello dei licenziamenti(-12,1%). Il primo trimestre risente solo in piccola parte dell'entrata in vigore delle prime norme del Jobs act (il 7 marzo l'avvio del contratto a tutele crescenti) ed è probabile che la gran parte delle assunzioni a tempo indeterminato sia stata trainata dagli sgravi contributivi triennali previsti per le assunzioni fatte  nel 2015.

«Ci si potrà immaginare che questa legge non duri a lungo» - dice il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso riferendosi al Jobs act - perchè potrà creare «ulteriori divergenze tra un mondo del lavoro che può farcela ed uno a cui vengono sottratte le prospettive di stabilizzazione». «Quello che ha fatto il governo - afferma il leader della Uil, Carmelo Barbagallo riferendosi in particolare alle modifiche all'articolo 18 e del demansionamento - è abbastanza chiaro, non dà adito a nessun dubbio, ha fatto un'operazione di squilibrio nei rapporti di forza tra datori e lavoratori a svantaggio di questi ultimi. Proviamo a rimediare agli errori del Jobs act con la contrattazione». Il numero uno Cisl, Annamaria Furlan sottolinea invece i «segnali positivi» sul lavoro avvertendo che «c'è ancora tanto da fare. Ma più che il Jobs Act - sottolinea - credo sia la decontribuzione prevista in legge finanziaria per le imprese che assumono a tempo indeterminato. È la prima volta - evidenzia - che in questo Paese assumere a tempo indeterminato costa meno che assumere a tempo determinato e i benefici sono evidenti». Il numero uno della Confcommercio, Carlo Sangalli sul Jobs act è netto: «Il Governo - dice - è andato nella giusta direzione».

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