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Di Bella: «Antiterrorismo indebolito da crisi economica e continui sbarchi»

«Non è il blocco dell'immigrazione la soluzione ai problemi economici dell' Europa». Antonio Di Bella, capo dell' ufficio di corrispondenza Rai a Parigi, boccia le politiche dei movimenti estremisti di contrasto ai fenomeni migratori e osserva, però, che «si è aperta una crepa nei Paesi dell' Unione europea sul fronte antiterrorismo, causata dal diffondersi dell' immigrazione incontrollata e della crisi economica. In questo spazio - spiega il giornalista - s'insinuano e crescono gli estremismi che non hanno soluzioni concrete per i problemi che vivono gli Stati». Una considerazione che Di Bella, autore del libro «Je suis Paris», esprime a distanza di oltre 5 mesi dall' attacco terroristico alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e dalla mobilitazione che vide in piazza capi di Stato e milioni di persone. Una mobilitazione che, a suo avviso, rappresenta «un momento di rinascita dell' Europa. E Parigi ne è stata il centro».

Come hanno reagito i francesi all' attacco terroristico dello scorso gennaio?
«Inizialmente c'è stata una enorme mobilitazione con quattro milioni di persone in piazza. Numeri che non si vedevano dai tempi del funerale di Victor Hugo. C' è stato chi ha parlato di rinascita dell' Europa guardando tutti i leader europei, e non solo, al fianco di Hollande. Però, adesso comincia a esserci qualche crepa su questo fronte. Ad esempio, c' è chi critica quella manifestazione ritenendo che è stata fatta in prevalenza da borghesi cattolici e che mancavano le fasce più popolari delle periferie urbane e i musulmani. Io continuo a ritenere che sia stato un momento di rinascita. Però, vedo con preoccupazione l' incrinarsi di un fronte antiterrorismo che poteva rappresentare la rinascita dell' Europa».

Da cosa nasce la visione secondo cui questo fronte tende a indebolirsi?
«L'entusiasmo emozionante dei primi giorni si è un po' spento. Si cominciano a sentire delle voci critiche.
Mi spiace che quello che doveva essere un afflato di unità cominci ad avere una crepa».

Secondo lei, da cosa è causata questa crepa?
«Da due cose. Da una parte dalla crisi economica, che continua a colpire ampie fasce della popolazione in tutta Europa e porta a esacerbare i rapporti sociali e continua a dividere piuttosto che unire. Così la lotta all' immigrazione, che è una ricetta del Front National in Francia ma che è diffusa anche in altri paesi, viene vista come una medicina contro ogni problema economico. Cosa che non è vera. Questo spiega, però, una diffidenza tra etnie, tra classi e tra persone. Poi, c' è una mancanza di ideali comuni e una crisi della politica, che una volta serviva da collante: i grandi partiti riunivano sotto le loro bandiere i loro popoli. Oggi le parole d' ordine dei grandi partiti sembrano inefficaci e vecchie, in Francia come in tutta Europa».
Dunque, il diffondersi degli estremismi tende a indebolire il fronte antiterrorismo...
«Non dico che i fronti populisti appoggino il terrorismo; tendono, però, a vedere in ogni espressione anche estrema un risultato di problemi irrisolti. Questo fa sì che l'opposizione al terrorismo non sia compatta. Non è un caso che tutti i partiti populisti sparino a zero contro tutti i partiti "vecchi", conservatori o riformisti, accomunandoli nella stessa categoria della vecchia politica. Io credo che anche i nuovi partiti abbiano la responsabilità di proporre. Non soltanto di criticare. Quindi, vedo con interesse il fenomeno Podemos in Spagna che oltre a criticare si propone come alleato possibile di nuovi equilibri. Mi pare un'evoluzione interessante del populismo di questi anni in Europa. Vedremo se reggerà».

In Francia, in questa direzione si è sviluppato il Front National. Come sta vivendo il Paese l' avanzare di questo partito?
«Il Front National negli ultimi mesi ha avuto un'evoluzione importante rompendo il cordone ombelicale tra Marine Le Pen e suo padre Jean Marie che è stato accantonato proprio per tagliare col passato fascista del Front. Questo vuol dire che è un partito post -fascista che ambisce a prendere il potere. Che ci riesca è tutt' altro conto, perché col doppio turno la rappresentanza parlamentare è minima, come quella dell' Ukip in Inghilterra. Ma il Front è un campanello d' allarme sui problemi del Paese, che devono essere risolti dai partiti tradizionali. Se questi continueranno a non farlo, prima o poi il Front rischierà di vincere».
Il Front National, ad esempio, non ha partecipato alla grande manifestazione di Place de la Republique...
No, ne ha fatta un' altra in periferia per distanziarsi dagli altri partiti. In realtà, anche il Front National è contro il terrorismo, ma lo accomuna col problema dell' immigrazione, anche se è una idea azzardata. Il mantra dei partiti populisti è che l'Europa ha fallito e che bisogna tornare indietro alla moneta nazionale e alle frontiere nazionali; io invece credo che bisogna aiutare l' Europa a trovare un programma realistico per correggere gli errori fatti, ma non bisogna fare passi indietro, come ha detto il presidente Mattarella a Londra».

Nel suo libro racconta la storia ed episodi che riguardano le vie e le strade di Parigi. Secondo lei, «se Parigi potesse parlare cosa direbbe»?
«Direbbe che questi sono i luoghi dell' identità europea. Qui si vede l' Europa, non a Bruxelles. Perché Parigi è il luogo della cultura e dell' immigrazione. È il luogo dove si affrontano i problemi di convivenza tra etnie e religioni e questo è il luogo dove si cerca di risolverli, dove questa scommessa può essere persa ovin ta, ma con la tradizione di libertà e apertura al diverso che è l'orgoglio del nostro passato e speriamo la speranza per il nostro futuro».

Tra le piazze di Parigi di cui parla c'è Place de la Republique. Qual è il suo significato simbolico?
«È una piazza dove ci sono state tutte le grandi manifestazioni politiche, dove Hollande ha festeggiato la sua vittoria elettorale, è il luogo da cui può ripartire la nuova Europa. Lì tutti hanno sfilato insieme, dopo l' attacco a Charlie Hebdo e per la prima voltai politici sono stati applauditi dalle finestre e non fischiati come accade ormai recentemente. Quindi, da quella reazione in nome della libertà di espressione può esserci una speranza per le nuove generazioni.

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