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Infarto, fa più paura il primo ma il secondo uccide: ecco perchè

ROMA. Agli italiani fa più paura l'idea di avere il primo infarto che la concreta possibilità di averne un secondo. Passato il panico della prima volta, per molti cala l'attenzione e le terapie si 'diluiscono', spesso addirittura s'interrompono. Eppure sono proprio quelle cure a tenere lontano un nuovo infarto, in particolare se l'arresto è stato causato da un livello alto di colesterolo: «Perchè non basta abbassare l'Ldl bisogna addirittura abbatterlo. Soprattutto dopo un infarto». Ne sono convinti gli esperti riuniti a Roma per fare il punto sulla terapia al colesterolo Ldl nei pazienti con sindrome coronarica acuta, alla luce dei risultati dello Studio 'Improve-it', presentati per la prima volta nel novembre 2014 durante il congresso dell'American Heart Association.

Lo studio dimostra quanto sia importante abbattere i livelli di Ldl - meglio conosciuto come colesterolo 'cattivo' - sopratutto nei pazienti ad alto rischio: «Una volta dimesso dall'Ospedale, con la prescrizione terapeutica e qualche raccomandazione su come cambiare gli stili di vita, il paziente a casa si trova da solo e spesso non riesce a restare ben aderente agli obiettivi di salute e di stile di vita raccomandati, - ha precisato Michele Massimo Gulizia, presidente dell'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (Anmco) - non allontanando quindi adeguatamente i fattori di rischio che sono stati causa dell'infarto o, ancor peggio, non seguendo correttamente la terapia assegnata. Oggi sappiamo quale strada percorrere, oltre alla correzione degli stili di vita e all'aderenza alla terapia dobbiamo affiancare strumenti farmacologici in grado di abbattere la soglia di LDL sotto il limite di sicurezza di 70 milligrammi per decilitro».

Per raggiungere l'obiettivo, abbattere il colesterolo sotto il limite di sicurezza di 70 mg/dL, i medici riuniti a Roma hanno discusso sull'utilizzo di nuove cure attravesro l'associazione di nuovi farmaci: in particolare dell'Ezetimibe in associazione a Simvastatina, che come dimostra lo studio Improve-it, ha ridotto del 13% gli infarti miocardici acuti, del 21% gli ictus cerebrali e del 6,4% gli eventi cardiovascolari in genere.

«È un beneficio di gran lunga più ampio di quello che si può ottenere con qualsiasi altra strategia - ha detto Gulizia- e senza avere quegli effetti indesiderati che si avrebbero con l'utilizzo di statine ad alti dosaggi».

Ma per proseguire nella giusta direzione, ci deve essere anche una presa di coscienza da parte sia del paziente che del medico per impostare fin da subito una terapia cronica a lungo termine che possa garantire efficacia e tollerabilità nel tempo.

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