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A Roma l'infermiere positivo all'ebola, è il 27esimo caso fuori dall'Africa

In Europa il virus è arrivato il 7 agosto del 2004, con il rimpatrio di Miguel Panares, missionario in Liberia, deceduto pochi giorni dopo

ROMA. È arrivato a Roma, a bordo di un C-130 dell'Aeronautica militare, l'infermiere sardo di Emergency risultato positivo al virus di Ebola. L'aereo, che lo ha trasportato nella capitale, è atterrato all'aeroporto di Pratica di Mare.

Il trasporto è avvenuto in condizioni di «biocontenimento assoluto», seguendo le stesse procedure già attuate nel novembre scorso per il medico siciliano colpito dal virus e poi guarito. L'infermiere sarà ricoverato allo Spallanzani. Per rispettare la privacy del paziente e della famiglia, non saranno rese note le generalità.

L'infermiere è "sereno e fiducioso". Lo ha affermato Rossella Miccio, coordinatore dell'ufficio umanitario di Emergency, a margine della conferenza stampa all'ospedale Spallanzani di Roma.  «Lo abbiamo sentito quando è rientrato, e ci ha contattato subito sviluppati primi sintomi - ha raccontato Miccio -. Io l'ho sentito anche ieri sera prima che venisse trasferito e compatibilmente con la situazione l'ho sentito sereno, è una persona solida».

«Che qualcosa non abbia funzionato è evidente, visto che si è ammalato - ha detto -, le procedure le rivediamo costantemente, purtroppo l'errore umano o il problema tecnico possono esserci, ad oggi stiamo ancora cercando di capire cosa sia successo. Le procedure comunque funzionano, consideriamo che con il personale dell'ospedale chirurgico arriviamo al migliaio di operatori, e le persone contagiate si contano sulla punta di una mano».

L'operatrice esclude che ci siano possibilità di contagio. «Non credo perchè malattia è contagiosa quando ci sono i sintomi, e lui appena ha avuto la febbre si è autoisolato e ha
contattato le autorità - ha spiegato-. Nei due giorni precedenti aveva condiviso momenti con alcuni familiari ma non aveva sviluppato i sintomi per cui non era contagioso. I familiari non sono sicuramente felici ma sono fiduciosi».

Con l'infermiere sardo sono 27 le persone contagiate dal virus Ebola e trattate fuori dall'Africa. Cinque pazienti sono morti, mentre al momento non ce n'è nessun altro in trattamento.

I primi due operatori internazionali ad essere trasferiti dal suolo africano sono stati Kent Brantly, un medico di 33 anni, e Nancy Writebol, infermiera di 59, che facevano parte dell'organizzazione umanitaria Samaritan Purse. Entrambi sono stati curati con il siero sperimentale Zmapp.

In totale negli Usa sono undici le persone curate, di cui due sono morte: si tratta del visitatore liberiano che ha portato il virus a Dallas, da cui poi si sono infettate due infermiere, e Martin Salia, un medico che si era ammalato in Sierra Leone.

In Europa il virus è arrivato il 7 agosto del 2004, con il rimpatrio di Miguel Panares, missionario in Liberia, deceduto pochi giorni dopo. Un altro missionario nelle settimane
successive è stato riportato in Spagna ma è morto, mentre un'infermiera contagiata mentre lo curava è guarita.

Nel vecchio continente sono stati curati tre pazienti in Gran Bretagna, tutti guariti, due in Francia, guariti, tre in Germania, due guariti e uno deceduto, uno rispettivamente in Norvegia, Svizzera, Olanda e ovviamente Italia, tutti guariti e dimessi dall'ospedale.

Poco si sa invece dei trattamenti a cui sono stati sottoposti. Nella maggior parte dei casi i pazienti hanno ricevuto siero ottenuto dal sangue di persone guarite, mentre sulle terapie farmacologiche in quasi tutti i casi si è mantenuto uno stretto riserbo. Nel caso di Fabrizio Pulvirenti, il medico di Emergency contagiato, sono stati usati il siero di convalescenti e quattro farmaci sperimentali.

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