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"Il leader dell'Isis al-Baghdadi gravemente ferito in un raid", lo rivela il Guardian

La stessa fonte precisa peraltro che il 'califfo' «si sta ora lentamente riprendendo» anche se non ha riguadagnato il controllo dell'organizzazione a livello operativo quotidiano

LONDRA. Il 'califfo' al-Baghdadi, leader dell'Isis, è rimasto gravemente ferito, lo scorso marzo, sotto le bombe di uno dei raid condotto dalla coalizione a guida Usa impegnata contro i jihadisti in Siria e Iraq. Lo riferiscono fonti citate in esclusiva dall'edizione online del Guardian britannico.

Il Guardian cita una fonte accreditata di collegamenti con gruppi terroristici in Iraq secondo la quale il ferimento di Baghdadi risale a marzo e avrebbe messo in pericolo la sua vita. La stessa fonte precisa peraltro che il 'califfo' «si sta ora lentamente riprendendo» anche se non ha riguadagnato il controllo dell'organizzazione a livello operativo quotidiano. Un diplomatico occidentale e un funzionario iracheno hanno confermato al giornale britannico che il 18 marzo in effetti un raid ha preso di mira un convoglio sospetto di tre veicoli nella zona di al' Baaji, nel distretto iracheno di Ninive vicino al confine con la Siria. Il diplomatico ha sottolineato che le forze della coalizione non erano comunque certe che a bordo di una delle vetture ci fosse Baghdadi, mentre l'ufficiale iracheno Hisham al-Hashimi ha affermato di aver appreso fin da allora che il califfo fosse stato ferito con persone del suo seguito. Due precedenti informazioni sul possibile ferimento di Baghdadi si erano poi rivelate infondate nel novembre e nel dicembre scorsi.

Abu Bakr al Baghdadi, il 'Califfo' nero dello Stato islamico (Isis), leader di decine di migliaia di miliziani qaedisti, che stanno mettendo a ferro e fuoco l'Iraq centro-settentrionale e la Siria, è il nuovo Bin Laden che terrorizza l'America. Sulla testa di quello che secondo il Time è «l'uomo più pericoloso al mondo» gli Stati Uniti hanno messo una taglia di 10 milioni di dollari. Ma nessuno sa dove si trovi e su di lui si sa ben poco: è nato da una famiglia sunnita nel 1971 a Samarra, città simbolo dello sciismo.  Il nome di battesimo è Awwad al Badri. L'epiteto attuale è composto dal nome di uno dei primi quattro califfi dell'Islam con l'aggiunta dell'origine geografica della città dove è cresciuto: Baghdad. I suoi agiografi su internet lo descrivono come «discendente dal profeta Maometto», requisito necessario nel curriculum di ogni leader islamico che si rispetti.

La carriera di quello che Le Monde ha definito «il nuovo Bin Laden» comincia alla periferia di Baghdad all'ombra dell'invasione anglo-americana del 2003. L'allora 32enne Awwad forma un gruppuscolo armato e si unisce alle formazioni jihadiste. Nel 2005 finisce nelle mani dei soldati americani. E passa quattro anni in una prigione nel sud della capitale: una circostanza che gli darà notorietà e legittimità. Ma anche una invidiabile rete di contatti nell'ambiente qaedista. Quando il 18 aprile del 2010 l'allora capo dello Stato islamico dell'Iraq - Abu Omar al Baghdadi - viene ucciso, i vertici della piattaforma nominano responsabile del gruppo Abu Bakr, da poco tornato in libertà. Un mese dopo, il 16 maggio, è proprio il nuovo leader ad annunciare la sua alleanza con al Qaida, guidata da Ayman al Zawahiri.

Da allora Baghdadi comincia di fatto a sfidare l'autorità del medico egiziano, successore di Bin Laden (ucciso nel 2011) e rintanato sulle montagne tra Pakistan e Afghanistan. L'azione terroristica dello Stato islamico riprende vigore e il gruppo si stabilisce nella turbolenta regione di al Anbar, nelle regioni desertiche a ridosso del confine siriano. Con l'inasprirsi della guerra siriana nel 2013 e con il ritiro improvviso delle truppe del presidente Bashar al Assad dalle zone di Raqqa e dall'est di Dayr az Zor, alla frontiera con l'Iraq, per gli uomini di Baghdadi è un gioco da ragazzi risalire l'Eufrate e prendere Raqqa: quasi senza colpo ferire, proprio come è successo poi con Mosul. Nell'aprile del 2013 Baghdadi rompe con al Qaida centrale e dichiara di avere una propria politica autonoma e fa uccidere in Siria l'arbitro inviato da Zawahiri per dirimere i contrasti con i qaedisti siriani.

Forte di successi militari ancora inspiegabili contro eserciti descritti come i più potenti della regione, il credito di Baghdadi conquista ormai i cuori di migliaia di giovani disadattati di mezzo mondo in cerca di una ragione per vivere e morire.

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