Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Collura: «La prevenzione costa 10 volte meno che intervenire dopo»

«Prevenire costa dieci volte meno che intervenire dopo i crolli». Lo sottolinea Giuseppe Collura, presidente dell’Ordine regionale dei geologi, dopo la frana che ha provocato il crollo del pilone di un viadotto sull’autostrada Palermo-Catania. «Saremo a rischio - spiega Collura - fino a quando non si farà prevenzione, impiegando adeguatamente i geologi nel monitoraggio e nell’analisi dei territori dove si edifica».
L’assessore regionale alle Infrastrutture Giovanni Pizzo ha detto che non sono le strade a cedere, ma sono le montagne che crollano. Lei è d’accordo?
«Sicuramente sì. Non è un problema di opere strutturali. Quelle possono essere state fatte pure nel migliore dei modi. Siamo bravi a costruirle. Il problema è che non siamo altrettanto attenti e bravi al contesto in cui le costruiamo. Non si puo’ realizzare un edificio o un ponte in una zona a rischio frane. Eppure, questo accade. Manca infatti un monitoraggio geologico preventivo. Bisogna cambiare passo. E noi geologi lo sosteniamo da tempo in tutte le sedi istituzionali. E abbiamo presentato alcune proposte che però non sono state ancora accolte».
Quali sono?
«Per esempio abbiamo depositato alla Quarta commissione dell’Ars un disegno di legge per chiedere un cambiamento di rotta. Non ci si può limitare a intervenire a disastro avvenuto. Come nel caso della Palermo-Catania. Nessuno si è posto il problema di intervenire? Bisogna impedire che si continui a costruire nei territori dove non si potrebbe. Bisogna attivare le misure preventive adeguate. Come il geologo di zona: all’interno dei comprensori di Comuni deve essere predisposta questa figura esperta e competente che monitori costantemente il territorio per segnalare immediatamente eventuali rischi. Ma la nostra voce rimane inascoltata».
Cos’altro si può fare?
«Bisogna prevedere la presenza dei geologi negli uffici che si occupano del territorio. Da una ricognizione che abbiamo fatto in giro per i Comuni emerge che purtroppo i geologi non ci sono. C’è poca attenzione verso questa figura professionale. Si è preferita finora la via più facile: quella di impiegare ingegneri, architetti e tecnici per assolvere alle varie funzioni. Ma non è possibile. Perché ognuno conosce e deve fare il proprio lavoro. E così si costruiscono ottimi ponti. Ma spesso vengono fatti in zone a rischio frane o lungo i corsi d’acqua. Inoltre con il passare del tempo il territorio cambia. Ma attraverso gli studi geologici questo si può analizzare e prevedere. Il problema è che però questi studi non si fanno».
Quanto incide il cambiamento climatico nelle frane?
«Sicuramente è uno dei fattori che le provocano. Ma va sottolineato che il cambiamento climatico va studiato e vanno studiati i suoi effetti dal punto di vista geologico per prevenire danni. E oggi i geologi sono in grado di farlo. Se viene consentito loro».
La Sicilia oggi è più a rischio rispetto alle altre regioni?
«Siamo nella media nazionale. Ed è una media preoccupante. Sette comuni su dieci hanno almeno un’area con elevato rischio idrogeologico. Nel rapporto del Piano delle alluvioni è emerso che negli ultimi 15 anni ci sono stati quasi 60 morti. E sono stati provocati tre miliardi di danni. Se avessimo impiegato un decimo di queste risorse per la prevenzione, oggi questo non sarebbe accaduto».
La giunta regionale ha chiesto lo stato di emergenza. È d’accordo?
«Sì, perché la situazione è davvero molto grave. Mi auguro che la richiesta venga accolta. Ma soprattutto che venga avviato quel cambio di passo che ho sottolineato. Nei giorni scorsi abbiamo chiesto alla giunta regionale di approvare con urgenza una norma che imponga a tutti gli uffici pubblici la figura del geologo. Per esempio ci sono piani regolatori realizzati senza un’adeguata pianificazione geologica. E non è possibile. Cosi come è inaccettabile che i geologi non siano nelle Asp per esempio per salvaguardare le risorse idriche. Addirittura ci sono uffici geologici del Genio civile che non sono diretti dai geologi».
La carenza di geologi negli uffici può essere legata ad un problema di risorse economiche?
«No. È solo un problema di assenza di lungimiranza politica. Perché ci si pensa soltando dopo i disastri. Secondo uno studio del ministero dell’Ambiente intervenire per ricostruire quanto viene distrutto costa anche dieci volte di più rispetto alle spese per la prevenzione. Lo stesso ministero ha evidenziato che siamo bravi a intervenire nell’emergenza, mentre non lo siamo nella prevenzione. Per esempio nel caso di questi giorni sulla Palermo-Catania bisogna pensare che con la Sicilia spezzata in due, ci sono danni pesantissimi in termini economici, con comunità isolate, scambi di merci fermi, viabilità interrotta. Dal punto di vista economico un danno mille volte superiore alla prevenzione. Quindi non si può dire che le figure dei geologi non vengono inserite per carenza di fondi. Piuttosto bisogna gestire bene le risorse».
Nei mesi scorsi c’era stato il crollo del viadotto Scorciavacche sulla Palermo-Agrigento. Anche in quel caso si poteva prevenire il cedimento?
«Sì. Attraverso un adeguato studio geologico con un geologo nella direzione dei lavori. Sul fronte delle strade avremo il 23 aprile un incontro col presidente del Consorzio autostrade siciliane, Rosario Faraci, a cui chiederemo proprio questo: inserire un geologo alla direzione dei lavori che affianchi il direttore classico».
Ci sono segnali di attenzione verso il problema del dissesto idrogeologico?
«L’ingegneria ha bisogno della geologia, ed è importante l’approccio multidisciplinare. Purtroppo, è una storia che si ripete e che si ripeterà fino a quando i geologi non verranno considerati una preziosa risorsa per il nostro Paese, un Paese dove la scienza della terra può contribuire a salvaguardare il territorio, a valorizzarne le risorse, a garantire la sicurezza dei suoi abitanti. Oggi in Italia qualcosa inizia a muoversi con Italiasicura, la quale attraverso Erasmo D’Angelis, capo unità di Missione contro il dissesto idrogeologico, una struttura della presidenza del Consiglio, sta riconoscendo appunto ai geologi l’indubbia capacità di leggere e comprendere le dinamiche del territorio, di valorizzarne le risorse, di individuarne i rischi e di saper trovare le soluzioni. Speriamo che qualcuno inizi a prenderne esempio».

Caricamento commenti

Commenta la notizia