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A Parigi la fila d'attesa è... chic: "Sono esperienze collettive"

PARIGI. Parigi è una lunga fila d'attesa. L'italiano in visita guarda a quei serpentoni composti con la stessa ammirazione con cui scopre il Louvre o la Torre Eiffel. Intimoriti o per semplice spirito di assimilazione, ci si si adegua presto al rito parigino della 'file d'attente'. Dalle code dei taxi o del metro, fino quelle interminabili di Disneyland o dell'ultima 'expo' di grido, Parigi si mette in fila senza battere ciglio.

Al Grand Palais, per poter dire 'io c'ero' alla retrospettiva su Claude Monet del 2010 si è anche aspettato sei ore. Appena quattro, invece, per la mostra dedicata al pittore americano Edward Hopper, nel 2013. È il fenomeno della coda 'chic', spiega Richard Larson, professore al Massachusetts Institute of Technology (MIT), che studia la psicologia delle file dal 1977.

"Questo tipo di code vengono vissute come esperienze collettive, un evento da raccontare che conserveremo nella memoria", aggiunge lo studioso in un articolo che il quotidiano Le Monde dedica all'argomento, interrogandosi sul "paradosso" di una popolazione che normalmente va sempre di corsa, vuole tutto subito, ma non batte ciglio quando si tratta di mettersi in fila.

A Parigi si comincia di mattina in boulangerie, dove ognuno aspetta pazientemente il proprio turno per recuperare la sacrosanta baguette. Ma ci si mette in fila anche per solidarizzare con grandi cause.

"Chi si è svegliato all'alba per acquistare il primo numero di Charlie Hebdo dopo gli attentati jihadisti voleva soprattutto comprare un pezzo di storia", osserva Rèmy Oudghiri, esperto dell'istituto di sondaggi Ipsos, riferendosi alle interminabili file di gennaio davanti alle edicole per sostenere il settimanale decimato dai terroristi e la libertà d'espressione. Per le strade di Parigi, capita di incappare in processionarie distese ordinatamente anche fuori dai fast food. L'anno scorso, per la riapertura del Burger King, c'è chi ha aspettato anche un'ora per un panino, con buona pace della cosiddetta 'ristorazione rapida'. Lo stesso esercizio si ripete la sera, davanti ai cinema, dove si giunge anche un'ora prima dello spettacolo o a notte fonda, nei locali notturni di Saint-Germain o degli Champs-Elysèes.

"Veuillez patienter s'il vous plait", ripetono i buttafuori, in un'atmosfera in bilico tra la leva militare e la gita scolastica.

"Nell'epoca dell'immediatezza, perchè siamo pronti a fare ore di coda per un gadget della Apple, un hamburger o una mostra?", si chiede Le Monde, nell'articolo intitolato "Il paradosso della fila d'attesa".

Secondo uno studio Ipsos del 2007, 80% dei francesi spende in media un'ora a settimana ad aspettare, mentre aziende e servizi pubblici cercano di accorciare i tempi con biglietti 'taglia-fila', corsie prioritarie per clienti 'premium', pre ordinazioni sul web. Nella capitale - dove risiede quasi un quarto della popolazione francese - le code fanno ormai parte del paesaggio urbano. Ma il parigino proverbialmente impegnato e sempre di fretta si mette in fila come un agnellino. Nell'attesa, sembra quasi provare un certo gusto. E se il rito della 'file d'attente' fosse solo un'astuta giustificazione per sottrarsi senza sensi di colpa ai ritmi frenetici della città?

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