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Def, Renzi rassicura i sindaci italiani: "Non ci saranno altri tagli ai Comuni"

Il dato è emerso al termine dell'incontro a Palazzo Chigi, a cui ha preso parte anche il premier

ROMA. I Sindaci tirano un sospiro di sollievo: il governo non ha nessuna intenzione nel Def di operare nuovi tagli ai Comuni. Il dato è emerso al termine dell'incontro di ieri a Palazzo Chigi, a cui ha preso parte anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

E se il Documento di economia e finanza 'salva' i sindaci, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha riferito significativamente che «per l'Italia è possibile raggiungere una crescita del 2% nel lungo termine». Un auspicio che in qualche modo connota in termini ottimistici il Def che domani verrà presentato dal governo in Consiglio dei ministri. L'avviamento verso una soluzione positiva con i primi cittadini, con una contestuale presa d'atto dei fabbisogni standard in luogo dei costi storici, in qualche modo rende più agile il ragionamento che sottende all'impalcatura del Def, che prevede non a caso entro il 2016 una fase di spending review da almeno 10 miliardi.

Il documento, che traccia l'operatività 'contabile' del governo mette al centro dei risparmi anche gli enti locali e le Regioni, anche se non prevede nuovi tagli ai Sindaci, come ha garantito questa mattina Renzi a Fassino, posizione ribadita poi dallo stesso premier in visita a Malta: «Non c'è nessun elemento di novità: il Def non produce elementi di novità per i comuni e sono sorpreso delle polemiche dei giorni scorsi».

Il concetto su cui Palazzo Chigi ha dimostrato in questi ultimi mesi di contare molto è quello della virtuosità, che per forza di cose corre di pari passo con l'annunciata pubblicazione dell'andamento fiscale di ogni singolo ente. Da qui anche i progetti sulla riduzione delle società partecipate, sul ripensamento dei costi degli immobili di proprietà pubblica e la razionalizzazione degli uffici periferici dello Stato, come ad esempio le Prefetture, concetto in verità già presente nella legge 56 (la cosiddetta Delrio) di riforma degli enti locali. Nell'incontro che di buon'ora ha messo intorno a un tavolo esecutivo e primi cittadini ha dato quindi esito positivo per l'Anci. Altri due capitoli di rilievo sono stati rinviati a mercoledì prossimo, quando verrà fatto un focus sul riparto dei tagli decisi in legge di stabilità e sul fondo perequativo da 625 milioni per il passaggio da Imu a Tasi.

Sul primo capitolo si tratta di 'salvarè 3 città'- Roma, Napoli e Firenze - gravate in maniera eccessiva dal riparto approvato nella Stato-Città del 31 marzo. E su questo in giornata il presidente dell'Anci ha annunciato una soluzione tecnica che verrà portata al governo al prossimo incontro.  A partire da settembre, ha fatto sapere ancora un Fassino soddisfatto, «il governo intende discutere con l'Anci prima della messa a punto della legge di stabilità, che per forza di cose dovrà tener conto dei contenuti del Def che verrà approvato domani. Naturalmente abbiamo preso atto di questo chiarimento importante».

Tra l'altro il testo del Def, ha reso noto, «da quanto ci ha detto con molta chiarezza il presidente del consiglio allo stato attuale non esiste, nel senso che esistono solo bozze di lavoro che non vanno assunte come decisioni adottate». Passi in avanti, ha fatto sapere ancora Fassino, sono stati fatti «sulla selva di vincoli ordinamentali per la gestione delle nostre città», sulla revisione al ribasso delle sanzioni per le città metropolitane («importante perchè alcune città non sarebbero state in grado di chiudere i bilanci») e sul fronte più generale delle infrastrutture («grazie a un impegno riconfermato del governo a dare corso agli investimenti previsti con la legge di stabilità e con lo Sblocca Italia»).

A confermare i dati storici sul contributo dei Comuni alle casse dello Stato centrale, citati più volte in questi ultimi mesi da Fassino e da molti sindaci, ha pensato la Cgia di Mestre: tra il 2009 e il 2015, gli enti locali, grazie soprattutto a consistenti tagli ai trasferimenti, hanno contratto le proprie spese di 26,4 miliardi di euro, a fronte dei 6,4 delle amministrazioni centrali, vale a dire Ministeri, agenzie fiscali, autorità amministrative e quant'altro.

«Quindi in sostanza - ha sottolineato il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - sindaci e governatori hanno sostenuto un sacrificio economico 4 volte superiore a quello praticato dallo Stato centrale».

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