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Ergastolano consegue la terza laurea: 110 e lode

Al termine della discussione della tesi «Comunicazione e socializzazione in carcere» la commissione dell'Università della Tuscia gli ha anche offerto un master per approfondire il tema

ROMA. Ancora un 110, il secondo consecutivo con lode. Massimo, un detenuto condannato all'ergastolo per duplice omicidio, è stato proclamato dottore per la terza volta da quando è entrato in carcere, 24 anni fa. Mercoledì la commissione dell'università della Tuscia lo ha proclamato dottore in Scienze della Comunicazione, titolo che va ad affiancarsi a quello in Economia e Commercio e quello in Scienze Politiche. Al termine della discussione della tesi «Comunicazione e socializzazione in carcere» la commissione dell'Università della Tuscia gli ha anche offerto un master per approfondire il tema. «Ed ora proseguirò gli studi», ha detto subito dopo la proclamazione, tra gli applausi di parenti, volontari, operatori e le lacrime di commozione della madre.

Il detenuto «dottore» è entrato in carcere a 19 anni, dopo la condanna a «fine pena mai» per un duplice omicidio. Oggi ha 43 anni, alle spalle un passato di criminalità organizzata e davanti a sè un futuro dietro le sbarre. Nonostante la condanna all'ergastolo, Massimo non si è lasciato andare alla disperazione della cella ma ha deciso di buttarsi sui libri. E così nel 2007 si è laureato in Economia e Commercio con una tesi sul «Recupero del detenuto: una prospettiva economica». Tre anni dopo, nel 2010, è arrivata la laurea in Scienze Politiche con una tesi dal titolo «Dal vecchio mondo al nuovo continente: interconnessione e complementarità nella storia della Mafia».

Mercoledì, infine, il titolo di dottore in Scienze della Comunicazione. Anche questa volta, come nelle precedenti, con il massimo dei voti accompagnato dalla lode. Ha discusso la tesi nel carcere di Paliano, in provincia di Frosinone, in videoconferenza tramite Skype con la commissione dell'Università della Tuscia riunita nella casa circondariale di Viterbo.

«Abbiamo deciso di rendere nota la storia di Massimo - ha detto il Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni - perchè è una vicenda unica. È L'ennesima conferma, ove ce ne fosse bisogno, che la criminalità si combatte anche con la cultura e l'istruzione. Noi abbiamo investito molto sui percorsi scolastici in carcere. Con il Sistema Universitario Penitenziario abbiamo ideato un modello grazie al quale oggi sono 120 i detenuti che, nel Lazio, frequentano l'università. Nel 2005, i detenuti universitari nel Lazio erano appena 17».

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