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Responsabilità delle toghe, il ministro Orlando: "Deluso dai magistrati"

Il Guardasigilli: "Trovo che ci sia una sproporzione tra la legge approvata e le reazioni"

ROMA. «Non c'è alcuna volontà punitiva da parte del governo nei loro confronti. Trovo che ci sia una sproporzione tra la legge approvata e le reazioni. Ricordo infatti che il testo era passato al Senato con una larghissima maggioranza non "nazarenica", tra le critiche di Forza Italia, l'astensione di Sel e il sì di M5S. Si tratta esattamente dello stesso testo ora approvato alla Camera». Lo afferma al Messaggero il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che si dice «dispiaciuto» per le reazioni dei magistrati alla legge sulla responsabilità civile, reazioni che non si aspettava.

Il testo, sottolinea Orlando, «non espone i magistrati ad alcun tipo di pressione» e «assolutamente non renderà più difficili le indagini di mafia e di corruzione. Ci siamo mossi con massima attenzione e in dialogo con il Colle».

Orlando ribadisce che «la responsabilità civile non è una punizione». Sul timore avanzato dal vicepresidente del Csm Legnini di un'escalation di ricorsi, Orlando fa notare che «questo timore c'era pure per la Vassalli, ma i ricorsi sono via via scemati».

Se la legge finisce alla Consulta, «si pronuncerà come su qualsiasi legge», aggiunge il ministro e sul «travisamento dei fatti e delle prove» precisa: «Sono due profili distinti, lo Stato è condannato a pagare quando c'è un dolo, una colpa grave, o un travisamento di fatti e prove.

Il giudice è chiamato a rispondere solo quando c'è la negligenza inescusabile. Molti di quelli che commentano legge non hanno colto la differenza. Voglio ricordare che parliamo sempre di fatti macroscopici», le toghe «interpretano male il segnale politico».

«Questa legge equilibrata - sottolinea Orlando - chiude una guerra ventennale, assolutamente» non a danno dei magistrati, «il segnale più forte sta nel dar loro poteri più stringenti come l'autoriciclaggio, le norme contro la corruzione, portate avanti con determinazione assoluta».

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